Alcuni giorni fa Luigi Di Maio ha proposto che la prossima Giunta regionale in Umbria sia composta di soli tecnici. Il Pd, in crisi per uno scandalo che ha scoperchiato un sistema clientelare pervasivo (senza tessera non vai da nessuna parte), ha accolto la proposta, sperando così di far dimenticare le proprie responsabilità. Ma il messaggio è chiaro: la politica si ritira e lascia, non alcune, ma tutte le chiavi ai tecnici. Usava così qualche decennio fa in Sudamerica, ma allora la politica era costretta a ritirarsi dai carri armati non da propri, rimediabili errori.
Si apprende ora che i candidati del Pd in consiglio regionale hanno firmato un impegno a versare 30mila euro quando mai lasciassero il loro gruppo consiliare. Una soluzione che ricalca, di nuovo, quella dei Cinque stelle e che sottomette gli eletti alle direttive del Partito. Oltretutto la logica della “tassa sulla migrazione” può portare a logiche perverse: quanti elettori del Pd, dei Cinque stelle, della Lega hanno sentito tradito il proprio voto dalle decisioni dei vertici di quei partiti? E allora che si fa? Si mette una tassa anche ai partiti che voltano gabbana? Per ora si può procedere col buon senso e immaginare che se la sinistra di governo non ha un’idea, non ha un’identità, rischia di diventare ben presto irrilevante.