Scuola aperta a tutti, amica di pochi

per Gabriella
Autore originale del testo: Corrado Zunino
Fonte: la Repubblica
Url fonte: https://docentipreoccupatisite.wordpress.com/2017/12/22/scuola-aperta-a-tutti-amica-di-pochi/

di Corrado Zunino,  22 dicembre 2017  la Repubblica

Aperta a tutti amica di pochi

Chi viene da famiglie benestanti e con molti libri in casa, parte avvantaggiato. E più la formazione si fa alta più crescono le disuguaglianze

I capaci e i meritevoli, in condizioni però svantaggiate, si trovano nelle aule delle scuole tecniche e professionali. Nell’Istituto di istruzione superiore Melissa Bassi di Scampia, Napoli. Nel Pertini della Borghesiana, Roma. L’articolo 34 qui fatica a vedersi. Basta l’ultimo rapporto di Almadiploma, consorzio delle università italiane, per comprendere.

Nei licei, il 92 per cento dei diplomati ha conseguito il titolo di studio senza ripetizioni. Si scende all’84 per cento negli indirizzi tecnici e al 78 nei percorsi professionali. Il rapporto tra discente e famiglia di provenienza è ancora stretto. Tra i ragazzi che frequentano il classico il 59 per cento ha genitori laureati, l’aliquota declina al 43 per cento per lo scientifico, crolla al 13 per il tecnico-economico e all’8 per chi si è iscritto a un professionale per l’industria e l’artigianato. Ai licei vanno i figli alto-borghesi (47 per cento al classico) e poco i ragazzi di famiglia proletaria (8 per cento).

La ricchezza di partenza, il numero dei libri presenti in casa, gli incontri intellettuali possibili in età di formazione, incide sui voti: il 14 per cento dei ragazzi con almeno un genitore laureato ha concluso la secondaria di primo grado con “dieci o dieci e lode”, solo il 4 per cento, invece, fra chi ha genitori con un titolo di scuola media.

La metà esatta dei diplomati professionali è pentita del corso di studi affrontato e alla vigilia della Maturità uno su cinque è disorientato rispetto al proprio futuro. Non si può dire che la scuola sia carogna con chi è povero, piuttosto che il mondo intorno alla sua scuola offre allo studente non abbiente meno possibilità. Nelle fasi di crisi economica e colpevole disinvestimento — il 2008-10 è stato drammatico — tutto ciò che servirebbe a ridurre le distanze si fa più magro: cicli di ripetizioni gratuite, restituzione di ore tolte agli istituti professionali (otto ore di laboratorio sottratte, tra il 2007 e il 2010), docenti di ruolo, investimenti veri sulle scuole del fare: gli Istituti tecnici superiori.

La questione — i meritevoli non abbienti, “gli intelligenti non valorizzati”, come dice Jacopo Buffolo dell’Unione degli studenti — si fa più tagliente quando la formazione si fa più alta: l’università. «Hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi», dice la Costituzione. E lo Stato ha introdotto la “no tax area” esonerando gli studenti con redditi familiari fino a 13.000 euro. Ma, a fronte di una Germania che non ha rette d’ateneo in quasi tutti i Lander del Paese, nel decennio 2006-2016 la pressione fiscale universitaria da noi è cresciuta del 61 per cento e la tassa media è passata da 775 euro a 1.249. Due regioni di tradizionale benessere hanno ridotto l’importo delle borse di studio. A dicembre l’Emilia Romagna ne coprirà solo l’85 per cento: i fondi statali sono in ritardo e 3.147 universitari non avranno l’assegno da 3.170 euro (già limato, peraltro). La Toscana ha ridotto fino a 180 euro l’importo e ha aumentato il costo dei pasti nelle mense. Campania e Sicilia devono ancora erogare le borse dello scorso anno.

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