Fonte: Originale
di Vincenzo Musacchio 24 ottobre 2018
L’art. 416 ter c.p. all’epoca aveva cercato di rispondere a una situazione emergenziale successiva alle stragi di Capaci e via D’Amelio: l’opinione pubblica reclamava una presa di posizione forte da parte dello Stato nei confronti delle organizzazioni mafiose e dei loro rapporti con i rappresentanti della politica. L’introduzione del delitto di scambio elettorale politico-mafioso fu oggetto di critiche soprattutto per la sua indeterminata formulazione normativa. Nel corso degli anni la giurisprudenza ha affinato parte delle discrasie della norma in questione ma di una cosa si può esser certi ancor oggi: le mafie possono essere efficacemente combattute solo se s’impedisce loro di avere potere sul territorio e ingerenza nelle istituzioni pubbliche. Il vero fine dell’art. 416-ter c.p. deve essere dunque quello di garantire il corretto funzionamento della democrazia, a partire dalle modalità di elezione dei suoi rappresentanti.
Sull’argomento in questi giorni si discute proprio la proposta di modifica dell’articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso (Atto Senato n. 510), con la relazione del sen. Giarrusso. Il provvedimento, composto di un solo articolo, prevede che “chiunque accetta, direttamente o per mezzo d’intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416-bis, in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416-bis. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti nei casi di cui al primo comma. Se chi ha accettato la promessa di voti di cui al primo comma è eletto, la pena è aumentata della metà. In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici”.
L’elemento di novità, che si condivide in toto, è l’espresso riferimento alla dazione non solo di denaro, ma anche di altre utilità che si riferiscono al procacciamento di voti con meccanismi corruttivi. Ciò non è di poco conto giacché consente di affinare l’ambito di applicazione della fattispecie incriminatrice, colmando le gravi lacune di tutela – di fatto e di diritto – lasciate dal solo riferimento a uno scambio di denaro. Per chi è esperto di lotta alle mafie, è ovvio che non possa essere la sola dazione di denaro a dar luogo all’applicazione della norma in esame, ma sia necessaria la promessa di denaro o di altre utilità che si riferiscano espressamente all’illecito procacciamento di voti. Le mafie tendono a evolversi costantemente cambiando i loro metodi di azione e divenendo sempre più silenti e invisibili. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito a un vero e proprio mutamento del volto delle mafie, che sempre di più assume caratteri imprenditoriali, seguendo un processo di marginalizzazione delle attività delittuose in senso stretto, per orientarsi maggiormente su attività organizzate spesso di carattere economico.
A tale cambiamento del volto della criminalità organizzata si affianca la sempre maggiore diffusione dei c.d. reati dei “colletti bianchi”, con particolare richiamo a quella classe economica media composta dal ceto dirigenziale o impiegatizio dotato di preparazione tecnica, indipendenza e autonomia professionale, che consente di dissimulare meglio le proprie condotte illecite con quelle lecite e di poter neutralizzare eventuali pericoli di svelamento delle illiceità delle loro azioni. Tra questi soggetti non può non essere ricompresa la classe politica, per molti versi in grado di agire su un piano di apparente liceità, favorendo con il proprio potere e la propria influenza le attività dei gruppi mafiosi. Lo Stato, pertanto, deve evolvere i propri strumenti legislativi, cercando di rendere più efficace il contrasto a quello che purtroppo può ancora oggi definirsi un “cancro in piena metastasi. Il provvedimento in discussione dunque sembra andare nella giusta direzione se non subirà modifiche sostanziali in corso d’opera.
(Vincenzo Musacchio, giurista, docente di diritto penale e presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise)