Fonte: greenbiz.it
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di Anna Tita Gallo, 13 marzo 2017
In Italia troppi braccianti lavorano in condizioni inaccettabili e anche la stampa internazionale li ha notati. Ecco cosa scrivono sul Guardian, denunciando una situazione che certo non ci fa onore. Il primo nome che incontriamo è quello di Nicoleta Bolos. La sua storia è quella di tante rumene che sono arrivate nei campi siciliani come lavoratrici stagionali e si sono ritrovate vittime di violenze continue da parte dei propri datori di lavoro.
Per quasi 3 anni Nicoleta ha dormito ogni notte su un materasso sporco nei dintorni di Ragusa, aspettando i passi del padrone della masseria. Erano i passi che anticipavano le violenze fisiche, notte dopo notte, mentre il marito si ubriacava e la paura più grande era soltanto quella di perdere il lavoro. La prima volta è stato proprio suo marito a dirle che andava fatto tutto questo: il proprietario del terreno nel quale avevano un lavoro non li avrebbe pagati e li avrebbe sbattuti fuori se lei si fosse rifiutata di “dormire” con lui. Ad ogni rifiuto Nicoleta veniva picchiata. A volte spuntava una pistola.
Secondo i racconti di Nicoleta, in quel periodo passato a raccogliere ortaggi, per i braccianti non esistevano vere e proprie case, spesso mangiavano cibo per gatti e non veniva data loro nessuna assistenza medica. Le donne rumene come lei la notte diventavano oggetto di divertimento per i proprietari delle terre e i loro amici.
“Schiave” è la parola che rende meglio l’idea per descrivere quelli che tecnicamente sono lavoratori stagionali.
Il loro trattamento è uno scandalo ma resta di fatto impunito, scrive il Guardian. Secondo la Proxyma Association, oltre la metà delle donne rumene che lavorano nei campi sono costrette a subire violenza sessuale da parte dei datori di lavoro. Secondo le forze dell’ordine sono circa 7.500 donne, di cui la maggior parte proprio rumene, a vivere in queste condizioni in Sicilia.
Ma le stesse forze dell’ordine devono vedersela con il problema più grande: la paura di queste donne di denunciare. Il motivo è il più classico e arcinoto: si tratta di persone che abbandonano il proprio Paese e i propri bambini in cerca di un lavoro e di una sorte migliore, ritrovandosi poi a capire che l’alternativa alla povertà è la schiavitù. Il salario medio per loro in Italia è di circa 200 euro al mese.
Le istituzioni locali dicono che stanno cercando di offrire almeno servizi di assistenza ai lavoratori rumeni, Giovanni Moscato, sindaco di Vittoria, ha dichiarato che al momento il problema sono i troppi interessi economici in gioco ma esiste già un ostello aperto proprio per dare ospitalità alle donne rumere vittime di violenze da parte dei datori di lavoro. Nel caso di Nicoleta, il processo nei confronti dell’uomo che ha abusato di lei deve ancora iniziare. Intanto lei, che sta pagando le conseguenze anche psicologiche delle violenze, ha deciso di uscire allo scoperto e continuare a raccontare la sua storia per spingere tante altre donne a fare altrettanto.
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vedi anche l’inchiesta dell’Espresso:
Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa. Il nuovo orrore delle schiave romene
di Antonello Mangano
Cinquemila donne lavorano nelle serre della provincia siciliana. Vivono segregate in campagna. Spesso con i figli piccoli. Nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale. Una realtà fatta di aborti, “festini” e ipocrisia. Dove tutti sanno e nessuno parla