di Alfredo Morganti – 31 gennaio 2017
Le parole esatte di Massimo D’Alema sono queste: se Renzi accelera, e non intende aprire una fase congressuale, né andare in Parlamento per sistemare nei tempi dovuti la legge elettorale secondo le indicazioni di Mattarella, e chiede a Gentiloni di dimettersi per andare al più presto a elezioni, “la reazione dovrebbe essere preparare un’altra lista”. Come dire, la scissione l’avete voluta voi, voi ci fate sentire liberi, noi vi avevamo avvertiti, così non si può più andare avanti. Adesso, molto dipenderà dai sondaggi. Sulle percentuali si giocherà una specie di congresso parallelo a quello che dovrebbe svolgersi realmente. Se queste cifre indicheranno per una lista di sinistra una quota possibile del 10% e oltre, Renzi e ‘i suoi’ dovranno rifletterci un pochino, prima di tentare l’avventura alla Scaramouche. Perché di questo si tratta, del ‘partito della crisi e dell’avventura’ come si diceva una volta, e come ricordava Paolo Franchi tempo or sono sul Corriere. Aggiungendo che quel partito anticamente era incarnato dalla destra, che preferiva sparigliare e ‘sbocciare’ piuttosto che intraprendere la via della mediazione democratica. Un po’ come ama fare il segretario PD in questa fase, con un piglio da avventuriero seduto al tavolo da gioco.
L’impressione, invece, è che Renzi sia già in campagna elettorale, visto che straparla di taglio delle tasse e di governi Dracula (argomento tipico da urne incipienti). I soliti retroscena dicono che vorrebbe votare al più presto, già ad aprile magari, per essere lui a presiedere il G7. Pensate. Se tanto mi dà tanto, la ‘reazione’ annunciata da D’Alema non dovrebbe mancare. A meno che il toscano non ci ripensi, dicevamo, dopo aver dato un’occhiata a tabulati e percentuali di pessima fattura. Ciò a dimostrazione che il termine ‘strategia’ non risiede al Nazareno, dove al più si ragiona a un palmo dal naso, non oltre. Dove si assumono decisioni all’impronta, improvvisando ogni volta una linea in base a delle mere intuizioni. Dove non capisci perché il segretario di un partito politico, che sostiene un governo che gode della fiducia delle Camere, un governo nato dalle ceneri di un precedente esecutivo PD presieduto dallo stesso segretario dimessosi proditoriamente agli exit poll – non capisci perché questo segretario che vive a Rignano, cerca un ufficio a Firenze e viene a Roma di straforo, non veda l’ora di sciogliere il Parlamento. Perché? Cosa, oltre al timore di essere dimenticato, lo spinge a sparigliare le sue stesse carte, ancor più che quelle altrui? Chi spinge Scaramouche all’avventura, ‘senza ieri né domani, tutto il mondo tra le mani e la voglia di cantar’? Spingitori di Scaramouche, chi siete, cosa volete?