SAPERE CIO’ CHE E’ VERO NON E’ LO STESSO CHE FARE QUELLO CHE E’ BUONO
Le prove che mi toccano oggi non riguardano solo il pensare ma anche il sentire e il volere, e il mio sentire è particolarmente coinvolto come riflesso di quanto vedo della guerra in atto. Anzi, sconvolto e perturbato. Mi dominano prostrazione e dolore, e mi chiedo a che punto siamo arrivati: ancora una guerra che distrugge vite e città. Mi sento impotente e preda dello scoramento. Ho la sensazione del poco valore e del minimo significato della vita umana, della misera esistenza materiale. Anche di noi spettatori. A questa prima esperienza si aggiunge quella di sconforto e pessimismo riguardo le spiegazioni, dei distinguo e degli equilibrismi verbali, e sono preso dalla insoddisfazione delle narrazioni che oggi si susseguono. I titoli dei giornali disorientano, o chiamano a formare schieramenti, e poi volano accuse, anatemi.
Qui si impone una prima riflessione, perché non posso ingannarmi credendo che il conflitto sia solo limitato geograficamente, mentre è uno specchio tragico dei tempi e riguarda i disagi e i malesseri di tanti. C’è un denominatore comune, il nostro egoismo estremo, che viene stuzzicato da più parti. C’è la diffusione di ogni tipo di paure nella società, dalla paura di ammalarsi per nuove pandemie, all’angoscia di fronte ad armi non solo convenzionali ma chimiche, batteriologiche e quelle genetiche ormai a portata di mano, con sullo sfondo tragico le armi atomiche, e poi la paura d di condividere ed accogliere.
A queste paure reagiamo con la distrazione e la diversione, con varie forme di autoipnosi. Il dubbio, l’odio e la paura oggi ci accompagnano con la loro carica di negatività. Molti sono tormentati dai dubbi e dalle perplessità, altri nutrono sentimenti di rifiuto, o provano timore e paura verso tutto e tutti. Il dubbio risulta dalla sfiducia nel pensiero sano ed equilibrato, l’odio ci vuota l’anima, la paura ci rende vulnerabili e ci spinge a vivere nell’ambito sensoriale. Il dubbio finisce in ipocrisia e filisteismo, l’odio spegne la compassione e nega il convivio sociale, le forze della paura alimentano pregiudizi, codardia, preoccupazione e sfiducia.
A questo punto però si può manifestare una scissione interiore: sentirsi da un lato come un impotente calpestando la Terra e dall’altro la consapevolezza di ospitare nell’intimo un essere capace di fare il bene. Il sentimento di tale scissione è: mi sento una nullità che non sa portare alla luce le sue migliori qualità.
Ma chi è che pone queste domande, chi mi colloca di fronte a queste prove? Non è l’essere stesso che timidamente si affaccia alla coscienza e mi solleva fino a provare quella profonda compassione che abbraccia tutti quanti soffrono? Si scatena un combattimento accanito tra quello che vorrebbe emergere e il quotidiano conforto delle abitudini della vita. Ciascuno qui può decidere se dare ascolto o silenziare la voce che parte dall’Io più profondo.
La situazione è complicata dal fatto che la capacità di osservazione e di pensare è fortemente limitata. Si è creato da tempo un corto circuito tra informazione e decisione, e ci convinciamo che data una certa informazione possiamo solo fare questo o quello. È divenuta abitudine mentale pigra quella di non esplorare e approfondire. Tutti gli altri cammini ci sono sconosciuti, il nostro volere si paralizza. Ma per arrivare veramente a una decisione significa che dobbiamo sviluppare immaginazioni da noi stessi, formarci una immagine della realtà con la quale ci troviamo di fronte.
Forse sappiamo quello che è vero e quello che è certo.
Ma sapere quello che è vero non è lo stesso che fare quello che è buono.
Quello che per qualcuno è realmente vero può a volte non essere buono, perchè quello che è buono è relativo e legato al momento. Ancora una volta, è quella vocina che ci spinge a fare meglio e di più. Quello che è buono da fare ognuno lo scopre da solo. Ne abbiamo tanti esempi intorno a noi. Sono esperienze dell’anima che si danno per mezzo di relazioni nuove con i fatti che la vita ci sta presentando, esperienze che entrano per la prima volta nel nostro orizzonte.
Sapere ciò che è vero può essere utile e ce ne serviamo continuamente, è l’ordinaria amministrazione.
È frutto delle esperienze precedenti, sono quelle che portiamo con noi, riflesse nell’educazione, l’ambiente familiare e sociale, tradizioni, abilità. Trasportiamo con noi fatti caratteriali, inclinazioni, abitudini e con essi affrontiamo la vita, spesso di forma meccanica e automatica.
Ma il salto di qualità richiede che il pensiero attinga dal calore del cuore. È quel quid che nasce misteriosamente: siamo annessi alla situazione che già è data di suo come elemento vivo che si collega di forma incondizionata, liberamente. È quella immaginazione che ci protegge dai dubbi. È quel sentimento che ci protegge dall’odio e ci spinge alla compassione verso tutti. È la speranza che prevalga la comprensione mutua per affrontare le prove della paura.
FILOTEO NICOLINI
IMMAGINE: HECTOR POLEO