di Alfredo Morganti – 16 dicembre 2015
Ricordate? Fu la parola-chiave dell’OPA, della scalata al PD, compiuta da ‘umili giovani di provincia’ (così li definisce Renzi stesso) non più tardi di due o tre anni fa. Rottamazione. Con scarso stile si indicò allora la necessità di gettar via i ‘vecchi’, la ‘gerontocrazia’ (come dice sempre il premier) e rinnovare non solo la classe dirigente ma l’intero mondo della politica. Oggi, a distanza di tempo, mi chiedo chi, che cosa abbiano davvero rottamato. Di sicuro alcune persone fisiche (non solo dirigenti, ma anche iscritti e pezzi di elettorato), messi in un angolo nonostante fossero (a confronto con certi fenomeni attuali) ancora utilissimi al partito (o proprio per questo?). Di certo hanno rottamato idee, ideali, culture politiche, modello organizzativo e schemi comportamentali. Hanno senz’altro rottamato uno stile di comunità, forse persino il senso di comunità stesso (il fatto che sopravviva nella Leopolda, è semmai il segno che nel PD non c’è più). Insomma, si è fatto piazza pulita di quasi tutto quel che indicava una tradizione, una memoria ancora viva, un certo senso di appartenenza, un particolare spirito di militanza. Renzi, per amore di verità, ha solo accelerato quanto già marciava da un po’, mostrandosi però particolarmente spietato e irriguardoso.
Detto ciò, la mia lista di ‘rottamazioni’ finisce qui. Perché di certo nessuno ha nemmeno intaccato un po’ il conglomerato di interessi da cui i giovani leoni provengono. Che non significa di per sé nulla di negativo, ma solo che interessi di ogni sorta (anche) li hanno sospinti nell’impresa. Interessi che sono sempre lì, solidi, ineluttabili, immarcescibili. Provinciali, forse, ma potenti. E così, nessuno ha ‘rottamato’ il lignaggio sociale, lo status familiare, le congreghe generazionali, da cui le forze nuove prendono le mosse e di cui si alimentano incessantemente. Lì la rottamazione non ha colpito, eppure ne aveva da colpire! Forse le ‘rendite’ politico-sociali danno fastidio quando le indichi come avversarie, ma non quando ti sono alleate. Non quando è roba tua. Ma se è così, qual è la differenza, nel caso, tra chi ha fatto l’OPA e chi c’era prima? Anche ammettendo che chi c’era prima avesse dietro di sé solidi conglomerati di interessi?
Alla Leopolda questo ‘passaggio’ si è visto tutto in filigrana. Nelle vicende ‘bancarie’ anche. L’operazione di ‘svelamento’ è solo all’inizio, a mio parere. Una potente lobby, un gruppo di pressione, ecco cosa si riunisce nella sala d’aspetto della vecchia stazione di Firenze. Una ‘comunità’ solidamente legata dall’ambizione personale e di gruppo, dalla tracotanza politica, dal lignaggio, dallo status sociale. Un gruppo che ha lavorato per rottamare taluni ‘vecchi’ dirigenti, facendo piazza pulita di decenni di etica e di cultura politica, pur di sgomberare il campo e insediarsi al potere. Che si asserraglia annualmente in una stazione, che ha potere in abbondanza, che sta occupando postazioni di rilievo, che ha creato una rete sempre più fitta di interessi, amicizie, collaborazioni, complicità politiche. Ma il punto è questo: se si rottamerà pian piano anche il conglomerato che c’è dietro a questa vicenda, se si sfilacceranno interessi e relazioni, se la piattaforma di base si incrinerà, se gli amici degli amici si faranno da parte, se scatterà anche lì la rottamazione, cosa resterà di tutta ‘sta storia, dell’attuale ‘narrazione’ che ha come protagonisti i giovani ‘umili e provinciali’, dello storytelling che ha accompagnato insolentemente la scalata al PD? Questo: meno tutele sociali, molto maggioritario, una scuola aziendalizzata, una politica stremata. E forse 80 euro esentasse nelle tasche di qualcuno (almeno sin quando saranno previste nel bilancio dello Stato).