di Alfredo Morganti – 25 ottobre 2016
Quando adesso scendi alla fermata della metro C di Bolognetta, accanto all’originario nome della stazione, trovi scritto anche ‘Biblioteca Collina della Pace’. Serve a ricordare che lì, a due passi, sui terreni confiscati alle mafie (che oggi sono un parco pubblico), all’interno dei vecchi casali agricoli recuperati all’uso civico, è aperta e funzionante la nuova e bellissima biblioteca comunale. La cosa ce la ricorda anche il ‘nome’ della stazione metro, dunque, che pone così in stretta correlazione i due fatti: il nuovo mezzo di trasporto e la nuova opportunità culturale offerta a una periferia priva di identità.
Diceva il grande Sindaco Petroselli che a Roma bisognava ‘ridurre le distanze’. Riavvicinando al ‘centro’ (urbano, culturale, sociale) anche le vecchie borgate abusive. La metro nasce per questo. Oggi in mezz’ora sei a San Giovanni, domani quando funzionerà anche l’interscambio con la metro A, la periferia della via Casilina e i grandi quartieri popolari di Centocelle e della Prenestina saranno in rete con il resto della città. Anche la biblioteca ha questo compito, quello di ‘riavvicinare’ la cultura, i saperi, entro un tessuto oggi slabbrato, privo di connessioni e di focali, dove l’agorà, se c’è, è solo un parcheggio, un ammasso di lamiere, non un effettivo luogo urbano. La metro e la biblioteca riducono senz’altro le distanze.
Ma non è solo questo il punto. Il destino e la vita delle borgate non è semplicemente legato alla loro connessione funzionale con un ‘centro’. Ciò le migliora, ne migliora la qualità urbana e della vita, ma le lascia ancora periferie. Le ‘avvicina’ nei tempi di trasbordo, ma non ne muta la condizione e la collocazione. Affinché divengano ‘centri’, si sentano per davvero tali, ne assumano le qualità, le borgate debbono essere animate al loro interno da una ‘vita’ locale, da istituzioni, attività, strutture, iniziative. Debbono avere le loro agorà. Debbano essere ‘ricucite’. Devono produrre (non solo consumare) socialità e cultura. Debbono conquistarsi un’anima, insomma e trasformare i cittadini in soggetti di cultura. Perché la civiltà non è solo questione di distanze, di reddito, di gerarchie da scalare. Si tratta in primis di avere chance effettive e vivere anche di saperi, conoscenze, linguaggi. Per questo non bastano i servizi privati, servono quelli pubblici.
La ‘manutenzione’ delle periferie, in special modo di quelle che non sembrano nemmeno città, ma delle non città, non passa solo dalle buche risanate, dalla mondezza raccolta, dall’illuminazione pubblica efficiente, dai servizi di trasporto. Le città sono anche il frutto di una consapevolezza, di un sapere, di un’autonomia di pensiero. È servizio pubblico anche fare (e far fare!) cultura, oltre il mero consumo, oltre gli atteggiamenti passivi e quelli di natura sottoculturale. Nelle borgate servono istituzioni pubbliche che si occupino di questo. Come la Biblioteca della ‘Collina della Pace’, diretta da Paola Tinchitella. Come il Teatro Tor Bella Monaca, diretto da Alessandro Benvenuti e Filippo d’Alessio.
Ma servono altre occasioni, altri teatri, scuole di formazione artistica, librerie, mediateche, centri culturali, di produzione, spazi aperti e plurali per il confronto e la socialità: agorà, parchi, luoghi specifici che crescono entro una complessiva ricucitura urbanistica. Servono istituzioni pubbliche e denaro pubblico per questo (e per stimolare anche la nascita di parallele iniziative private). Se questo non accade ci limitiamo lodevolmente a ridurre le distanze, ad accorciare i tragitti, ad ‘avvicinare’ tra loro cose che restano tuttavia lontane, ma il centro resta un altro, la periferia resta periferia, i problemi si riproporranno infine identici.
Avere apposto la scritta ‘Biblioteca Collina della Pace’ al nome della stazione metro di Bolognetta è un passo avanti simbolico in questa direzione. Come a dire che la metro C non porta solo in centro, ma ‘fa centro’ con le istituzioni pubbliche che in borgata già vi operano e che già costituiscono una speranza per le decine di migliaia di cittadini che vi dimorano. Il primo passo va bene, adesso ne servono altri.