Fonte: L'Espresso
Url fonte: http://sappino.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/02/04/in-difesa-delle-case-vista-fori/
di Luca Sappino – 4 febbraio 2016
Nell’indignazione generale per la vicenda delle case comunali date ad affitti bassi o bassissimi (vicenda in realtà nota e non certo scoperta dal commissario Tronca, che anzi nello specifico si basa su un lavoro del Dipartimento patrimonio avviato sotto l’amministrazione Marino) credo dovrebbe, chi è di sinistra, premettere sempre, prima di denunciare l’eventuale abuso, che quelle case lì, date a canone basso o bassissimo (e si può discutere quanto debba esser basso) hanno alcune precise funzioni.
Quella di rispondere al diritto all’abitare, per cominciare, diritto che spetta al pubblico e non certo al «mercato» garantire e tutelare da abusi. Quelle case in centro, affacciate sulle piazze più belle o nei piccoli vicoli, hanno però anche un’altra funzione, non meno importante in una città come Roma.
La presenza di appartamenti sociali nel centro storico (anzi scandalosamente ridotta dalle entusiaste cartolarizzazioni), oltre che sacrosanta (solo i ricchi possono godere della bellezza? I poveri devono per forza vivere ai margini delle città?), è il primo vero antidoto alla “turistizzazione” del centro storico (a quel turismo di plastica, dei torpedoni, non quello che per svilupparsi avrebbe invece bisogno di città vive), al suo abbandono, alla deformazione del tessuto commerciale, alla dissoluzione dei servizi pubblici che le amministrazioni sono ben contente di risparmiare a fronte della scomparsa dei residenti più bisognosi.
E così, mi pare, chi è di sinistra dovrebbe difenderli questi appartamenti con vista Fori. Sì. Difenderli dagli abusi e però anche dal «mercato», che se lo lasciamo fare ancora un po’ per fatti suoi, il «mercato», il centro di Roma sarà tutto un susseguirsi di pizze al taglio per uffici e souvenir per turisti.
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AGGIORNAMENTI
Siccome sui social sto avendo ottime conversazioni a partire da questo post, incollo qui un paio di scambi utili a chiarire meglio.
Mi scrive Aba: «Ma dai… Se stai in una zona di pregio paghi l’affitto che merita altrimenti se non puoi permettertelo te me vai e vai dove costa meno.. come tutti i comuni mortali!! Il ragionamento che hai fatto perdonami non esiste». Le rispondo: «Io invece Aba penso che la pianificazione urbanistica sia uno dei compiti principali dell’amministrazione di una città. E una corretta (a mio avviso, ovviamente) pianificazione urbanistica è quella che evita, per quanto possibile, i quartieri ghetto. In entrambe le direzioni, si intende: che le periferie non siano solo dormitori per lavoratori con bassi redditi, famiglie numerose e pensionati, e che quindi accolgano anche – ad esempio – alcune funzioni amministrative; e che il centro non sia solo per facoltosi turisti, politici e ereditieri, con il mantenimento di una quota di edilizia sociale. La qualità della vita così sale per tutti».
Silvia, che da anni lavora nel settore del turismo mi fa invece notare che sbaglio a parlare genericamente di “turistizzazione”, elencando le conseguenze nefaste dell’espulsione dei residenti meno facoltosi dal centro città, «perchè questo termine porta fuori strada oltre ad essere assolutamente improprio». «Il processo (assolutamente non positivo) che tu indichi», scrive Silvia, «è infatti quello che porta i centri storici ad essere abitati quasi esclusivamente da ceti sociali abbienti. Niente Equo Canone, niente affitti sociali, niente servizi…. E le persone normali se ne devono andare. Questo avviene purtroppo dagli anni 80 almeno e il Turismo, se mi permetti, non c’entra assolutamente nulla». Conosco il punto di vista di Silvia, che è quello di un’imprenditrice dell’accoglienza che punta sulla qualità e non sul turismo mordi e fuggi che è quello a cui ovviamente mi riferivo io. Ho quindi integrato il post, scrivendo così a Silvia: «Per “turistizzazione” (e ora preciso nel pezzo) intendo il turismo di plastica, quello dei torpedoni, ovviamente. Non quello che invece per svilupparsi ha bisogno di città vive».
C’è poi un commento molto centrato di Celeste Ingrao che sempre sulla mia bacheca facebook, che è pubblica, mi ha così scritto: «Luca se vogliamo fare un discorso un po’ più approfondito ci sarebbe molto su cui ragionare. Sono decenni che si è portata avanti la politica delle svendite del patrimonio abitativo pubblico, un po’ per “fare cassa” un po’ per l’incapacità dei vari Enti a curare la manutenzione. Questa politica ha svolto anche un importante ruolo “sociale”, consentendo a tante persone che altrimenti non se lo sarebbero potute permettere di comprarsi una casa. Sempre però nell’ottica, tutta italiana, della casa di proprietà. Gli afffitti, tranne pochissime eccezioni, sono campo libero del mercato. Il che vuol dire che nessuna persona “normale” (non parliamo di poveri, ma anche del ceto medio) può permettersi un affitto in zone centrali. Inoltre c’è stata una assoluta “casualità”: se uno aveva la fortuna di aver vissuto in una casa di un Ente (o di avere avuto un genitore o un nonno che ci viveva) ha potuto acquistare in città, altrimenti è dovuto necessariamente “emigrare” in zone ultraperifiche. Cosa sta diventando il centro di Roma, lo vivo ogni giorno di persona, essendo fra i fortunati che hanno ereditato una casa in zona centralissima. Il mio quartiere (Prati) era un tempo un interessante mix di piccoli artigiani, ceti popolari e famiglie borghesi (ti ricordi “La famiglia” di Scola?). Ora è tutto un pullulare di locali, agenzie turistiche, negozi di souvenir, gelaterie pseudo artigianali, studi professionali. Con un impoverimento sociale evidentissimo.
Borgo Pio, dove abitava la povera gente, è diventato un luogo infrequentabile. Ma va bene così. Il mercato è salvo».