Ritratti e facce di bronzo

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
Url fonte: http://www.ipensieridiprotagora.com/2018/02/verba-volant-488-ritratto.html

di Luca Billi, 18 febbraio 2018

Una vita fa anche a me è capitato di parlare sotto quei ritratti, in quella sede di partito a Casalecchio di Reno, in cui giorni fa ha parlato Pier Ferdinando Casini. Era un altro partito e quella sede si chiamava sezione.

A dire la verità, di immagini così ce n’erano in tutte le nostre sezioni, variavano la disposizione e l’ordine, a volte erano state messe un po’ di lato per fare posto a una grande fotografia di Enrico Berlinguer, ma i ritratti di Gramsci e di Togliatti li potevi trovare dappertutto. A differenza degli altri funzionari di partito, per il mio lavoro, mi capitava spesso di frequentare anche i magazzini, quelli dove i compagni più anziani sistemavano, oltre ai materiali per fare le Feste dell’Unità, i cimeli del partito e quindi ho visto anche i ritratti che nel corso degli anni erano stati rimossi: quelli di Marx, di Engels, di Lenin, e, negli angoli più segreti, quelli di Stalin.
Si trattava spesso di ritratti fatti a carboncino appesi alle pareti con semplici e povere cornici. Un compagno di Corticella mi raccontò che all’indomani del XX congresso del Pcus i compagni di quella sezione decisero di rimuovere il ritratto di Stalin che campeggiava nella loro sede. Al momento di staccare il quadro – che si trovava sopra la stufa – si accorsero che il calore aveva fatto sì che sul muro rimanesse la presenza di quel ritratto, in particolari dei baffi, che ne erano – come noto – i tratti più marcati. Per compiere la definitiva destalinizzazione di Corticella fu necessario imbiancare le pareti.
Francamente mi importa poco di dove abbia parlato Casini, è qualcosa che non mi riguarda. Per me è sempre stato un avversario e continuerà a esserlo, perché sostanzialmente lui dice sempre le stesse cose, non ha cambiato idea, sono solo cambiate le sedi in cui le dice. Penso invece alle migliaia di volte che io ho visto quei ritratti.
Ritrarre deriva da retrahere, che significa etimologicamente tirare indetro. Il ritratto è l’atto con cui l’immagine è in qualche modo “tratta fuori” da una persona. Ma da quel verbo latino deriva anche l’italiano ritrattare. Penso a quante volte, io – e tanti come me – pur guardando quei ritratti abbiamo ritrattato, ossia abbiamo tradito, con le cose che dicevamo, con le cose che facevamo, la storia che quelle immagini avrebbero dovuto raccontarci. Se oggi Casini può tranquillamente parlare sotto i ritratti di Gramsci e di Togliatti, di Di Vittorio e di Matteotti, è perché noi per vent’anni abbiamo smesso di guardare quelle immagini. E anche quella di Berlinguer.
Lasciamo pure a Casini e ai suoi sodali quei ritratti, che loro usano per riempire le pareti che altrimenti rimarrebbero vuote in maniera desolante o forse sarebbero riempite con una pubblicità. Magari a qualcuno di loro verrà perfino la curiosità di sapere chi sono quei “vecchi” attaccati alle pareti: non diventeranno comunisti, ma almeno avranno imparato qualcosa. Noi invece, in nome dei nostri errori, proviamo a ricostruire, anche solo per uso personale, quelle gallerie di ritratti. E cominciamo a guardarli.

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