Rimettere al centro il rapporto tra il cittadino e politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Riccardo Achilli e Lanfranco Turci
Url fonte: https://medium.com/human-factor-per-organizzarci/rimettere-al-centro-il-rapporto-tra-il-cittadino-e-politica-bfd691dae8dc

di Riccardo Achilli e Lanfranco Turci

 Guardiamo con interesse alle scelte strategiche di SEL, che vediamo come una risorsa essenziale per la costituzione di quel nucleo dal quale far ripartire una sinistra oggi dispersa e in buona misura sradicata da quello che dovrebbe essere il suo contesto sociale. Cogliamo l’opportunità della Conferenza Programmatica del 23–25 Gennaio di Milano, per offrire il nostro contributo e per alimentare un proficuo dibattito rispetto al documento introduttivo ed alla proposta organizzativa resi disponibili sul sito Internet

 Ci troviamo di fronte a una crescente crisi sociale che ha bisogno di riferimenti politici, e quindi anche organizzativi, molto forti, in grado di contrastare la deriva di disgregazione ulteriore che le politiche decise in sede europea stanno imprimendo ad una società impoverita e privata di punti di riferimento materiali ed ideali. Una società che appare, da un lato, sempre più polarizzata in termini di diseguaglianze distributive e di accesso alle opportunità, e dall’altro destrutturata nella sua articolazione di classe per opera di una riorganizzazione complessiva del sistema economico globale, che ha segmentato e frammentato il mondo del lavoro, ma dall’altro ha anche reso più “porose” le barriere fra mondo del lavoro tradizionale e piccola borghesia, costretta verso fenomeni di proletarizzazione.

 Occorrono quindi forme di riaggregazione e di allargamento della proposta politica a diversi gruppi sociali caratterizzati dall’aver pagato il prezzo di un crescente trasferimento della ricchezza a beneficio del capitale globalizzato e finanziarizzato, in un approccio di fronte ampio. Con un programma politico che tenga conto di istanze sociali diversificate, mirando a coniugare crescita, efficienza di sistema, eguaglianza distributiva e delle opportunità e tutela dei diritti, mirando essenzialmente al ripristino della sicurezza della posizione dell’individuo dentro la società (oggi minacciata dalla crescente precarietà). Che risponda ad una domanda di maggiore partecipazione, messa a rischio dalle evidenti tensioni di progressivo svuotamento della democrazia rappresentativa, che spingono a riaccentrare verso l’alto il potere politico, in coerenza con la maggiore concentrazione di quello economico.

 A fronte di tale involuzione e delle suddette esigenze, la sinistra italiana appare non soltanto in difficoltà nell’intercettare la domanda dei suoi gruppi sociali di riferimento, ma anche nel riorganizzarsi in percorsi di tipo unitario, anche solo federativo, in grado di fornire una direzione forte e condivisa al riemergere del conflitto sociale che sta riempiendo le piazze. Questa difficoltà può avere esiti disastrosi sia per la sopravvivenza di ciò che resta della sinistra italiana, sia per il mondo del lavoro e la stessa democrazia.

 Servono quindi con urgenza percorsi di ricostruzione di una proposta politico/programmatica, e di una capacità organizzativa. Per ciò stesso, nei documenti della Conferenza di Programma riscontriamo positivamente alcuni aspetti, in primo luogo la volontà manifesta di fare di tale iniziativa il punto di partenza di una riorganizzazione federativa della sinistra italiana, che sappia mettere a fattor comune le realtà esistenti, ivi compresa la sinistra del PD, che oramai si deve porre il tema dell’impossibilità di riconquistare un partito, che l’arrivo del renzismo ha trasformato definitivamente e strutturalmente.Giudichiamo molto positivamente l’idea generale di un confronto aperto con la società reale, così come l’intuizione di una revisione del ruolo dei circoli come punti di raccordo sistematico fra partito e base e come strutture aperte alla società, che sappiano anche svolgere attività di volontariato, impegno culturale, economia cooperativa, tornando alle radici della nascita del socialismo italiano, come soggetto mutualistico, oltre che politico.

 Certamente tale impostazione coglie alcuni aspetti di rinnovamento delle pratiche politiche tradizionali della sinistra, che in altri Paesi europei (come la Spagna con Podemos) stanno anche riscontrando un certo successo elettorale. Va peraltro evidenziato che Podemos, così come anche la lista Tsipras, si stanno avviando verso una strutturazione di tipo partitico più solida e meno magmatica.

 El-barranco-de-Waterloo

Inoltre, rimettendo al centro un rapporto più sistematico fra cittadino e politica, si cerca di dare una risposta alla sempre più preoccupante deriva di calo della partecipazione politica, che pone inquietanti interrogativi sulla stessa tenuta democratica. Non vi è dubbio che aspetti di rigidità burocratica e di opacità dei partiti-massa del secolo scorso abbiano generato un distacco fra classi dirigenti e Paese reale.

 Tuttavia, nonostante le positività sopra evidenziate, riteniamo che il percorso proposto nel manifesto e nella proposta organizzativa dello Human Factor presentino aspetti non utili a dare una risposta alla crisi della sinistra, a quella del lavoro, ed al pur necessario rinnovamento delle forme della rappresentanza politica. Intanto perché, già nell’idea che è stata lanciata di una “contro Leopolda”, e in una certa tendenza ad imitare il format e persino il linguaggio comunicativo della Leopolda stessa, si potrebbe celare il rischio di una certa subalternità culturale a quel modello, che invece giustamente critichiamo tutti, perché conduce ad una ulteriore svalutazione del ruolo della rappresentanza, e, nel gioco del confronto voluto “libero”, fa emergere con più forza le voci di chi ha la maggiore capacità di comunicare i suoi interessi.

 Nel manifesto introduttivo dello Human Factor, tranne alcune indicazioni di massima, è a nostro parere carente una proposta organica, o quantomeno un set di alternative programmatiche da sottoporre al dibattito, che traducano in altrettante strade percorribili le dichiarazioni di principio (che andrebbero anche qualificate meglio; ad esempio, il problema della compatibilità fra crescita ed ecologia non è nella “crescita illimitata”, a meno di non adottare una prospettiva decrescista, per molti versi inidonea ad affrontare le sfide economiche attuali, che invece richiedono una robusta ripartenza della crescita, ma nella qualità della crescita stessa e nelle sue caratteristiche tecnologiche, distributive, sociali e culturali. Il neo liberismo, additato nel documento introduttivo come responsabile della crisi, è un termine troppo generico per individuare le diverse destre del panorama politico europeo, e per analizzare i loro rapporti dialettici e talvolta conflittuali).

 Manca, fondamentalmente, un aggancio ad una analisi delle condizioni di classe reali della società italiana e dei relativi rapporti di forza. Senza tale analisi, si rimane in superficie, e detti rapporti non possono essere modificati o rovesciati. Lo stesso intento di ricomposizione di una unità della sinistra, che permea la conferenza programmatica, non può che declinarsi come ricomposizione dell’unità di classe dei lavoratori, senza la quale si rimane ad un mero accordo verticistico fra apparati. Ma per fare ciò, è evidentemente necessario rifarsi, nell’analisi, alla composizione di classe del Paese.

 La proposta organizzativa di SEL è però quella che più ci preoccupa: sembra, per alcuni versi, prefigurare un certo grado di liquefazione del partito dentro la società, con la conseguente incapacità dello stesso di determinare la direzione politica e di fare un sintesi fra le istanze sociali. Manca qualsiasi strumento di formazione e selezione di quadri e dirigenti, che anzi in alcuni passaggi del documento organizzativo vengono considerati figure da limitare/superare. Mancano indicazioni su come ricostituire una egemonia culturale. Mentre a noi sembra che occorra superare una distinzione artificiosa fra burocrazia di partito ed ascolto della società. Compito di un partito è ascoltare e valorizzare la società. Ma poi serve la capacità di fare sintesi e di orientare le istanze sociali verso una direzione politica precisa, e per fare questo occorre una organizzazione stabile, che ha radicato dentro di sè competenze analitiche, culturali e politiche. Gli incarichi “spot” per obiettivo tendono a disperdere le competenze formate quando l’incarico cessa, non producono cioè apprendimento organizzativo. Dubitiamo che la previsione di una quota di esterni negli organi dirigenti del partito ( che non può essere la forma di un eventuale e auspicabile Patto Federativo ) possa essere utile, perché in quegli organi dovrebbe esservi personale politico addestrato e formato. La politica è il frutto di un processo di crescita personale, culturale e di esperienza. Se non si forma un ceto politico ed intellettuale stabile, vi saranno anche difficoltà ad intercettare i segnali inespressi di quegli strati della società che, anche per particolari condizioni di esclusione socio-culturale, non riescono ad articolare la loro domanda sociale in un laboratorio tematico di tre giorni.

 Se l’obiettivo fosse quello di istituire consultazioni con la società sugli aspetti strategici della linea politica, saremmo perfettamente d’accordo. Il problema però a nostro avviso è nella visione complessiva di organizzazione che si propone. Se si parte, nel manifesto generale, da una analisi destrutturata della società, nel documento organizzativo, coerentemente, si propone un partito destrutturato, orizzontale nel senso dei paradigmi della lean organization. In una simile visione, il pericolo è quello di una possibile deriva in cui persino gli aspetti della tattica politica finiscono inevitabilmente per cadere nel calderone di un dibattito alla fine inconcludente, o peggio ancora semplificatore ed “estremista”. Perché scompare la funzione della rappresentanza politica, che è quella di coniugare le istanze sociali dal basso — per loro natura “universalistiche”, perché legittimamente orientate a indirizzare alla politica una domanda globale, quindi per certi versi “estreme” — con il campo delle possibilità concrete che il quadro politico propone, e con lo smussamento dell’estremismo della domanda sociale dentro la mediazione istituzionale.

 Vorremmo, infine, proporre alla discussione della conferenza programmatica un documento, espressione di una realtà del mondo associativo politico-culturale di diverse estrazioni che si riconosce nella opposizione a ciò che significa il governo Renzi e nella esigenza della riorganizzazione della sinistra. Il documento “Lavoriamo insieme: analisi e proposte per iniziative comuni delle sinistre”, reperibile su www.ricostruire.info, è una proposta programmatica di politica economica e sociale che offriamo per formulare una piattaforma propositiva alternativa alle politiche economiche oggi dominanti in Europa. E’ una proposta organica, che prevede un’Europa che sappia promuovere la crescita, ed un’Italia che coniughi efficienza, trasparenza e compatibilità sociale ed ambientale, costruendo una nuova alleanza del lavoro che promuova uno sviluppo compatibile con le ragioni della giustizia sociale e dell’ambiente.

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