Fonte: Fondazione Pintor
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di Valentino Parlato, 19 marzo 2015
L’IRI (Istituto di Ricostruzione Industriale),nato nel 1933, ai tempi del duce e Beneduce, è stato un grande e moderno gruppo industriale pubblico, che ha salvato l’economia italiana dagli effetti della storica crisi del 1929 e che dopo i danni della seconda guerra mondiale è stato l’artefice del famoso “miracolo italiano”. Ma incassato il “miracolo” il capitalismo italiano e i suoi politici nel 2002 decisero privatizzazione e chiusura dell’IRI e ci fu anche un silenzio funeralizio.
Il fatto nuovo, di questi giorni, è che dell’IRI si torna a parlare: della sua storia, ma come di una storia presente. Il 18 di marzo, a Roma un importante convegno sulla storia dell’IRI con interventi di personalità note e di prestigio (Castronovo, Nardozzi, Baratta) e lunedì 23 marzo si discuterà, per l’intera giornata di IRI all’Accademia Nazionale dei Lincei, dove oltre a Ciocca, Visco, Lunghini e altri economisti di prestigio ci saranno anche Romano Prodi e Giuliano Amato, che con la politica hanno avuto molto a che fare (Prodi, se non ricordo male oltre che capo di governo è stato anche presidente dell’IRI) e Giuliano Amato non si contenta di celebrazioni di una cosa del tutto morta.
Queste celebrazioni, questo inatteso parlare dell’IRI, della sua storia e dei suoi meriti, copre un forte interesse per quella vicenda, per l’intervento statale in economia, che in quanto pubblico, dava anche più potere al governo e alla politica. A me pare innanzitutto inevitabile che, ripercorrendo la storia dell’IRI, vengano alla mente almeno due idee: la prima che l’intervento pubblico nell’attuale pesante crisi possa dare un contributo decisivo almeno a ridurre i danni se non a superarla. La seconda è che un serio intervento pubblico darà inevitabilmente più potere a chi governa ( ci pensi Matteo Renzi che attualmente deve trattare con Squinzi ) e con un po’ di altri boss.
Ma vorrei aggiungere un’altra considerazione e cioè che un buon andamento dell’economia frena un po’ la corruzione che ora dilaga. Insomma se l’economia va male e i profitti e i guadagni normali non ci sono pressoché impossibili bisognerà arrangiarsi, andare per vicoli e non per la strada maestra e colpire (come avviene) soprattutto lo stato con danni a tutta la comunità. Danni – va aggiunto – che, dal punto di vista economico, dei soldi, non sono coperti, dalla galera inflitta dal magistrato.
Insomma, ridiamoci l’IRI.
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per chi volesse approfondire l’argomento, consigliamo la lettura del libro I GIORNI DELL’IRI. Storie e misfatti da Beneduce a Prodi, di Massimo Pini, ed. Mondadori.