Riconoscere i nostri errori e costruire una sinistra più larga

per Gabriella
Autore originale del testo: Simone Oggionni
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://www.altraeuroparoma.it/blog/riconoscere-i-nostri-errori-e-costruire-una-sinistra-piu-larga/

di Simone Oggionni – 11 novembre 2014

La piazza della Cgil e la sua domanda cla­mo­rosa di poli­tica e di rap­pre­sen­tanza; dall’altra parte la Leo­polda, le bat­tute da Baga­glino del pre­si­dente del Con­si­glio e dei suoi fedelissimi.

La forza e il corag­gio dei lavo­ra­tori delle accia­ie­rie di Terni licen­ziati; dall’altra parte le cari­che della poli­zia, le man­ga­nel­late così poco hi-tech, così bru­tali, così sfac­cia­ta­mente di destra.

E, infine, il Jobs Act e lo “Sblocca Ita­lia”, cro­ce­via isti­tu­zio­nale di una fase nella quale il Pd potrebbe sce­gliere di tra­sfor­marsi in Par­tito della Nazione e la sini­stra deve uscire, invece e final­mente, dall’irrilevanza.

Per­ché que­sto è il punto, che i let­tori de il mani­fe­sto cono­scono bene: nel nostro Paese non esi­ste, ormai da diverso tempo, un sog­getto poli­tico capace di rap­pre­sen­tare, con cre­di­bi­lità ed effi­ca­cia, il campo della sini­stra. Un sog­getto che stia in campo nel vivo di que­sto pas­sag­gio cru­ciale. È la discre­panza che esi­ste tra ciò che sarebbe neces­sa­rio e ciò che siamo stati sin qui a imporre una severa auto­cri­tica, a par­tire da noi. Rifon­da­zione comu­ni­sta, che per una lunga fase è stata il ful­cro della sini­stra di alter­na­tiva, è vit­tima di una crisi irre­ver­si­bile, almeno dal con­gresso di Chian­ciano del 2008.

Qui ini­ziò a deli­neare una linea e una cul­tura poli­tica indif­fe­renti al con­senso, che hanno teo­riz­zato la bontà dell’extraparlamentarismo come tratto per­ma­nente e pro­dotto la mar­gi­na­liz­za­zione. Come sap­piamo, linea e cul­tura poli­tica hanno cam­mi­nato con le gambe di un gruppo diri­gente inos­si­da­bile e ina­mo­vi­bile, nono­stante la respon­sa­bi­lità delle più bru­cianti scon­fitte (crollo degli iscritti, dei mili­tanti, dei voti, del radi­ca­mento sociale, della credibilità).

Lo abbiamo detto e scritto, in tanti, e per diversi anni. L’organizzazione gio­va­nile del par­tito, i Gio­vani Comu­ni­sti, ha pro­vato a lavo­rare in una dire­zione diversa. Abbiamo pro­mosso mobi­li­ta­zioni uni­ta­rie, col­ti­vato rela­zioni con la sini­stra gio­va­nile poli­tica e sociale dif­fusa, soste­nuto cam­pa­gne (dal diritto allo stu­dio al red­dito minimo garan­tito) in sin­to­nia, cre­diamo, con le aspet­ta­tive della nostra gene­ra­zione.
Abbiamo sug­ge­rito così un modo diverso di essere comu­ni­sti: più attenti alle tra­sfor­ma­zioni reali e meno dog­ma­tici, più curiosi e meno impau­riti, più inno­va­tori e meno con­ser­va­tori.
Abbiamo chie­sto più corag­gio, più fidu­cia, più rin­no­va­mento a tutti i livelli, pro­po­nendo al par­tito di inve­stire sul pro­prio futuro, cioè sui gio­vani. Lo abbiamo fatto, sem­pre, tenendo a mente la con­di­zione esterna, la nostra insuf­fi­cienza, il biso­gno vitale di ripen­sarsi, di trasformare.

La rispo­sta rice­vuta è stata netta: da una parte la dele­git­ti­ma­zione dell’organizzazione gio­va­nile; e dall’altra la demo­niz­za­zione (tal­volta grot­te­sca) delle sue posizioni.

Ne abbiamo preso atto, con­fron­tando que­sta realtà con un mondo, fuori, in tra­sfor­ma­zione e in fer­mento. Qui sta il punto di non ritorno, qui sta il senso delle nostre scelte. Per que­sti motivi abbiamo deciso di non rin­no­vare l’adesione all’organizzazione gio­va­nile del par­tito, sce­gliendo di dimet­terci – a par­tire dal sot­to­scritto – da tutti gli incarichi.

Sap­piamo che non sarà facile, che nulla è scon­tato, auto­ma­tico. Ma lo abbiamo visto, anche, a par­tire dall’appuntamento del 4 otto­bre di piazza Santi Apo­stoli a Roma, che è in campo un pro­getto poli­tico e un’idea nuova, più cre­di­bile, che si pone i nostri stessi inter­ro­ga­tivi, i nostri stessi obiet­tivi e che appare capace di valo­riz­zare le ener­gie atti­vate con l’esperienza elet­to­rale della lista Tsi­pras e quelle che, sin qui, non abbiamo saputo inter­cet­tare. È que­sto anche il senso di Sini­stra Lavoro, l’associazione a cui abbiamo dato vita nelle set­ti­mane scorse.

Vogliamo essere par­te­cipi e pro­ta­go­ni­sti di una nuova sog­get­ti­vità della sini­stra ita­liana, con radici pro­fonde e radi­cate nella nostra sto­ria e con la forza, la curio­sità, i dubbi che ci era parso tra noi aves­simo defi­ni­ti­va­mente smarrito.

Ce lo chiede il Paese reale, la piazza della Cgil, le man­ga­nel­late ai lavo­ra­tori. Ascol­tarli sarebbe già un nuovo inizio.

Pubblicato anche su il manifesto del 12 novembre 2014

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

1 commento

Emanuele Cherchi 14 Novembre 2014 - 18:53

Caro Oggioni Rifondazione è marginale ma la tua nuova formazione nasce monca: come farete a fingere che niente sia accaduto quando tu candidato in “Altra Italia” o come si chiamerà il contenitore nazionale della Lista Tsipras dovrai dibattere con i reppresentanti del tuo ex partito? Ho trovato già nel sito di Rifondazione l’accusa a te e a quelli usciti con te di frazionismo, dicono che non eravate collaborativi, decidevate tutto da soli etc. So per esperienza che a volte si spala fango sul ex compagno (o sul compagno critico) ma dovrai dimostrare sul campo che la tua opzione è politica e non facendo un passaggio intermedio fra un partito comunista in declino e un partito (SEL) che ha perso l’ala destra lasciando liberi dei posti a chi vuol far carriera.

Rispondi

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.