Il richiamo della provincia

per LEONARDO MASONE
Autore originale del testo: LEONARDO MASONE

 di Leonardo Masone – 26 agosto 2017

 L’estate volge al termine e le vicende italiane riprendono al passo del campionato di calcio. L’autunno, probabilmente mite, si avvicenda ad un estate calda. C’è tanto di cui parlare da quando il calore estivo è sopraggiunto, quasi infernale, e le Camere si sono prontamente chiuse.

Le notizie di fabbriche che chiudono e operai abbarbicati alle torri sono immagini che appartengono al passato, decurtate dalle agende della stampa mainstream, sostituite dagli effetti miracolosi del Job Act che, sempre nella vulgata governativa e nella propaganda infestante, starebbe risollevando le sorti della perduta patria. Più lavoro, più progresso. Stiamo realmente progredendo? E a che costo?

Al costo di una completa dispersione dei diritti e di un remissivo appagamento individuale verso quelle briciole che ci vengono consegnate. Al prezzo di un costante smagliamento del tessuto sociale e morale che impone una lotta senza limiti tra simili; tra nuovi poveri sempre più simili tra di loro. Questo accade nelle diverse geografie urbane: metropolitane, periferiche, di provincia, di campagna. Città sempre più dormitorio, laddove la possibilità di un affitto lo consente, in cui i centri cittadini si “periferizzano” (perdonate il nuovo conio) creando uno scollamento relazionale e collettivo senza precedenti. Non godono di buona salute nemmeno i centri medi e piccoli, soprattutto del sud Italia, che finora resistevano all’effimera perniciosità degli schemi del capitale. Qui la desertificazione climatica a cui stiamo iniziando ad assistere è anticipata da una desolazione sociale e lavorativa senza tempo.

Giovani e non solo giovani che hanno l’unica certezza di essere disoccupati e/o precari. E questa certezza si conferma nell’unica scelta che molti tristemente decidono di prendere: l’emigrazione. Abbandonare tutto e ricercare fuori una possibilità di vita, di crescita e di sviluppo della propria persona. Oggi non è nemmeno più la sola povertà economica a spingere i giovani ad andare via, ma anche la predetta povertà relazionale e sociale. L’emigrazione delle aree interne dell’Appennino sta letteralmente falcidiando tali zone. Assumendo proporzioni enormi e invisibili.

Ci sono intere province che hanno vent’anni di vita. A essere generosi trenta. In questo orizzonte temporale pezzi di Sannio o di Irpinia, di Basilicata o di Sila scompariranno. I numeri d’altronde sono impietosi: il quadro dipinto dall’Istat, con il bilancio demografico annuale è nero, e testimonia che la tendenza alla desertificazione, avviata ormai già da qualche anno è inarrestabile, e anzi, si rafforza. Non nascono bambini, le persone di una certa età, ovviamente, muoiono, i giovani vanno via e la popolazione è sempre più anziana. Aumentano anche le giovani morti per quello che è il male indomabile di inizio secolo. Drammatico il bilancio tra nati e morti. Il saldo naturale è negativo, e lo è anche quello migratorio: sono molte di più le persone che abbandonano le province interne, rispetto a quelle che vanno a viverci. Non c’è un solo elemento che fa ben sperare in pratica. Di questo passo, il rischio di paesi fantasma, anzi, di intere aree fantasma si fa sempre più concreto, magari mentre si è impegnati in manifestazioni anti-migranti.

 Una battaglia, questa, prioritaria: la si deve affrontare con un’idea nuova di sviluppo, la si deve affrontare con una forza politica all’altezza dei tempi. Se per il contesto nazionale una forza, socialista e radicale, unita è fondamentale, per i territori dimenticati del sud Italia è ancora più importante. Dare vita, slancio, energia agli attivisti della stessa famiglia, dispersi e lontani, in territori così difficili è un obiettivo improrogabile, pena l’inutilità e l’insipienza della nuova classe dirigente: unire le diverse anime in un’unica famiglia è essenziale.

Non servono più tecnicismi: è essenziale per la lotta alle ingiustizie, in qualsiasi parte del mondo, contro qualsiasi popolazione, anche se composta solo da quattro sparuti gatti. A rischio di diventarne tre.

Leonardo Masone

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