Fonte: La stampa
Revelli: L’Europa di Ursula non è quella di Spinelli. Le critiche a Meloni e Von der Leyen: «La presidente del Consiglio non sa niente del Manifesto ma è aberrante usarlo per difendere la deriva militare»
La presidente del Consiglio sbaglia a usare il Manifesto di Ventotene contro i suoi avversari politici ma commette un errore anche chi lo usa per sostenere l’Ue attuale, avverte Marco Revelli, politologo, attento studioso del Novecento e dei suoi intrecci storici, politici e sociali.
Fratelli d’Italia esulta perché sono riusciti a far cadere l’ultimo muro rosso. Era davvero un muro rosso il Manifesto di Ventotene?
«Credo che sia stato abbattuto il muro della decenza da parte di una Presidente del Consiglio che non ha idea di quale sia lo stile adatto al ruolo che ricopre. Non mi ha stupito la piazzata che ha fatto in Parlamento, ci ha abituati a scene di questo tipo. Però non si può nascondere il misto di volgarità e ignoranza messo in mostra da quello che è uno dei podi più alti del nostro Paese».
Volgare?
«Nel senso che una presidente del consiglio che usa come una clava un documento di altissimo profilo, parte della storia della cultura politica italiana e non solo, per irridere gli autori del documento e le forze politiche contro cui vuole scagliarsi è volgare».
E ignorante?
«Nel senso che ha mostrato l’ignoranza dei falsi eruditi che usano un paio di citazioni e le citano fuori contesto per i propri fini. Ventotene è stata l’accademia della nostra democrazia, la palestra in cui si sono formate le posizioni delle menti politiche più raffinate che hanno contribuito alla stesura della Costituzione».
La presidente del Consiglio ha affermato che quella del Manifesto di Ventotene non è la sua Europa.
«È vero. La sua Europa è agli antipodi rispetto a quella concepita dal pensiero liberaldemocratico e antifascista che è alla base del Manifesto di Ventotene. In quel documento c’è l’Europa che sarebbe dovuta nascere proprio dalle rovine delle dittature, l’Europa del fascismo a cui fanno riferimento i tanti che nel suo partito si ritengono eredi del Movimento sociale e considerano Giorgio Almirante uno dei loro padri».
Di chi è invece l’Europa del Manifesto di Ventotene?
«È l’Europa di chi, nel pieno di quella feroce guerra scatenata dai fascismi, aveva ancora la forza di alzare lo sguardo rispetto a un presente terribile e di immaginare un futuro diverso rispetto a quello che stava avvenendo. Immaginavano un’Europa libera e unita contro l’Europa dei nazionalismi di cui fascismo e nazismo erano due campioni».
Giorgia Meloni sostiene il contrario e cioè che quella del Manifesto è un’Europa accentratrice, dittatoriale.
«Chi non sa in genere estrapola cinque righe e le pone come baricentro del proprio ragionamento. Che cosa pretende la signora Meloni, che in quel contesto per creare una nuova Europa si dovesse pensare a un referendum? A libere elezioni? Quelli che hanno steso il Manifesto erano perseguitati che sapevano di essere soli e pochi, sapevano di andare in direzione ostinata e contraria rispetto a un’aberrazione che possedeva le masse, e questo era il loro eroismo. La presidente del Consiglio, invece, cancella il contesto – e cioè il fascismo che è la vera negazione della democrazia– e trasforma in antidemocratici le vittime di quel Regime. Questa è la aberrazione di Giorgia Meloni».
A queste obiezioni Giorgia Meloni risponde di capire e rispettare il contesto in cui è stato scritto il Manifesto ma di voler mettere in discussione il suo uso oggi, a 80 anni di distanza.
«Nell’uso del Manifesto c’è molta superficialità e non possiamo nascondercelo. Immaginare che possa essere considerato uno strumento a sostegno dell’Ue quale essa è oggi è un modo meno grave di agire di Meloni e di Fdi ma comunque un tradimento dei reali contenuti del Manifesto».
Quindi in parte ha ragione Giorgia Meloni?
«Giorgia Meloni non ha ragione, mette il dito su un elemento di contraddizione ma con uno stile inaccettabile».
Quale contraddizione?
«L’Europa di oggi, che ha fatto del neoliberalismo la sua costituzione materiale, è lontana anni luce dallo spirito del Manifesto di Ventotene che incarna gli ideali di un socialismo dal volto umano rispettoso dei diritti delle persone e votato alla giustizia sociale. Non è quindi giusto pensare di usare il Manifesto di Ventotene per sostenere Ursula von der Leyen e la sua attuale Commissione. Quel documento dovrebbe essere, invece, la bandiera di chi vuole cambiare radicalmente l’Europa. Non so se Renzi, Calenda, Picierno e tutti quelli che si propongono di fare visite a Ventotene per rinnovare le radici dell’Ue si rendono conto che nel Manifesto non ci sono i loro valori. E, soprattutto, non può essere usato per fondare un nuovo nazionalismo europeo che si nutre di retorica e di suprematismo».
Qual è il messaggio che ci consegna oggi il Manifesto di Ventotene?
«Misura quanto siamo caduti in basso. Sia da parte di chi denigra quel Manifesto, sia per quanto riguarda lo stato dell’Europa reale. È un’Europa di nuovo in preda ai demoni della militarizzazione e della burocratizzazione, è un’Europa che non sa intravedere in una congiuntura rischiosissima un sentiero di pace, affascinata solo dalla retorica delle armi, che ha creato ingiustizie sociali elevate. Un’Europa costruita sulla moneta e non sui valori».