di Alfredo Morganti – 21 settembre 2016
Il ‘retroscena’ giornalistico ormai è un genere letterario, anzi paraletterario, come la fantascienza, il giallo, l’horror, il fantasy, il weird, ecc. Risponde a delle regole compositive. Ha una struttura fissa e una funzione di comunicazione-politica. Il protagonista è sempre un pezzo da novanta (tipo il premier), mentre coprotagonisti sono ‘i suoi’, ai quali si rivolge sempre benevolmente, quasi a farli tramite di un segreto, in modo didascalico e pedagogico, per spiegare come stanno ‘davvero’ le cose e quali siano le sue più riposte intenzioni. Dopo di che, uno di questi ‘suoi’, quasi sempre il capo ufficio stampa o il suo portavoce, riferisce al giornalista preposto, che diventa a tutti gli effetti, così, un coprotagonista anch’esso, uno de ‘i suoi’ appunto. Il retroscena, in questo modo, diventa una specie di redazionale o un’inserzione pubblicitaria.
Va detto, come in tutte le strutture narrative che si rispettino, che nel retroscena deve anche comparire un antagonista, che poi sarebbe quello che ostacola i sogni del protagonista, il nemico insomma, perché così tutto diventa più avvincente. In Italia siamo fortunati, perché ne abbiamo uno pret a porter di cattivo, uno che, se non ci fosse, i renziani dovrebbero inventarlo. Ovviamente si tratta di un cattivo ‘disegnato’ come tale, alla maniera di Jessica Rabbit, non di un vero cattivo. Anzi. Ma poco importa, i lettori di quotidiano, oltre a essere sempre di meno, sono anche di bocca buona, come gli italiani in genere (se è vero che hanno sostenuto in massa leader improbabili per ventenni interi, senza restarne mai sconvolti, anzi rifacendolo successivamente in una sorta di folle coazione a ripetere).
Il ‘cattivo’ cui mi riferisco, già lo immaginate, è Massimo D’Alema. Sentite come ne parla Renzi ‘ai suoi’ nel retroscena di oggi, trascritto da M.T. Meli per il Corsera: “D’Alema – spiega [Renzi] ai suoi – se al referendum vince il No ottiene la mia testa ed è contento, se invece vince il Sì è pronto alla scissione [qui immagino lo sguardo torvo]. La nostra gente non si merita tutto questo [qui lo sguardo del premier, invece, è di sofferenza palese]”. È una rappresentazione epica, degna di Star Trek. Ce lo vedo il Comandante Kirk che convoca ‘i suoi’, tutti in tutina colorata, e relaziona sul nemico, mostrandosi preoccupato della sua ‘gente’. Me lo immagino D’Alema che trama, in abito luciferino, e che già sogna di avere la testa di Renzi come macabro trofeo. Un genere letterario dicevo. Ma non è l’unico. In fondo tra ‘narrazioni’, ‘storie’ tv, spifferi e retroscena, del giornalismo 1.0 non è rimasto quasi più nulla.