di Alfredo Morganti – 23 giugno 2015
Si parla da giorni di un Renzi 2 e di un Renzi 1. Questa storia l’ha tirata fuori Gramellini, un grande filosofo e teorico della politica, non c’è che dire. E Renzi ci si è tuffato subito, sostenendo che le elezioni le hanno perse altri, e che lui tornerà quello di una volta, il vincente, il rottamatore. Il Renzi 1, insomma. Certo, non si capisce quale sia stato l’errore. Forse avere dismesso l’abito iniziale? Oppure avere commesso successivamente errori di comunicazione? Oppure, e più semplicemente, aver dimostrato di essere un bluff alla prova dei fatti, cioè del governo? Perciò sarebbe meglio ritornare alle ‘sparate’ iniziali? Fatto sta che oggi abbiamo un Renzi bino, cioè diviso in due, scisso, senza sapere quale sia quello originale, ma col dubbio persistente che un Renzi originale non esista affatto, e che lui pieghi o adatti le sue decisioni e i suoi comportamenti alle circostanze con estremo tatticismo.
Ecco il punto. Renzi non ha visione, non segue percorsi strategici. Come molti altri neopolitici, annusa l’aria ed è abile a individuare scorciatoie e sentieri stretti che portino rapidamente al seggio, alla poltrona e, magari, al trono. È figlio (sono figli) del vuoto di cultura politica che rende ammissibile ogni comportamento o quasi, motivandolo con la necessità di vincere (che non vuol dire avere la certezza di vincere, anzi!). È politica a basso contenuto di vitamine, politica light, che non sceglie di combattere i tempi, ma vi si adagia sopra. Segue la convinzione profonda, diffusa, che lo spirito del tempo vada cavalcato, assecondato, che le cose non possano ribaltarsi, semmai vadano addolcite, attenuate, ma nulla più. Che se non le ribalti, le puoi usare a tuo vantaggio (ritenendo spudoratamente che il tuo vantaggio sia il vantaggio di tutti, ovviamente).
Quindi, gran parte della nuova classe dirigente sorta dal nulla nell’era Renzi risponde al criterio 1 – 2. Dove i due numeri non indicano diverse fasi o modalità della medesima persona, ma un’abilità mimetica, una capacità di essere tatticamente tutto e niente, uno spirito camaleontico senza vincoli di sorta, reso possibile dal vuoto pneumatico di idee e di cultura politica entro cui la prassi politica oggi si svolge (e fatico persino a chiamarla prassi, piuttosto ‘posizionamento’). Fantasmi, spettri, o meglio banderuole pronte ad accondiscendere il vento ovunque spiri. Non dei voltagabbana, perché per svoltare (o cambiare verso) davvero, serve un verso antecedente od originario. E invece l’aria è quella in cui un verso non c’è, in realtà, il verso ce lo inventiamo a seconda di necessità personali. Un’aria dove c’è una corsa ai posti che contano, con una sola e unica parola d’ordine: vincere, sfangarla, arrivare primo, mettere la banderuola in cima. E vincere qui significa che non vince il tuo Paese, ma semplicemente tu, le tue aspirazioni, le tue ambizioni. 1, 2 ma-anche 10, se servisse.