Renzi e Orfini, questa non è politica, è bullismo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro Gilioli
Fonte: l'Espresso
Url fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/10/30/non-e-politica-e-bullismo/

di Alessandro Gilioli

Oggi, per la prima volta da quando è tornata in edicola, vale la pena di sfogliare l’Unità perché riporta una notizia, anzi un retroscena, sulla crisi di Roma.
L’onorevole Marco Causi, vicesindaco dimissionario e nei giorni scorsi ufficiale di collegamento tra il Campidoglio e il Pd, oggi spiega infatti le tre offerte che erano state fatte a Marino per «chiudere la vicenda senza ulteriori spargimenti di sangue».
Al sindaco sarebbe stato permesso «un passaggio in aula per un messaggio di fine mandato alla città»; quindi gli avrebbero concesso un incontro con Renzi ma «a dimissioni esecutive»; infine, gli avrebbero consentito di andare insieme ai capataz del Pd romano in tribunale a mostrarsi «a testa alta tutti dalla stessa parte» alla prima udienza del processo per Mafia Capitale.
Ho riletto tre volte il passaggio del pezzo di questo Causi, per essere sicuro di avere capito bene.
Cioè, il Pd avrebbe concesso al sindaco di leggere un messaggio in aula. Ma che è, la Gestapo? Un processo staliniano? Le ultime parole del condannato prima del patibolo?
Poi gli avrebbe concesso anche un incontro con Renzi, purché a dimissioni esecutive, insomma lo sconfitto che viene magnanimamente ricevuto dal vincitore, un po’ come al termine delle guerre medievali – non so, forse a Marino sarebbe stato addirittura permesso di entrare a Palazzo Chigi sui suoi piedi anziché sulle ginocchia, e magari senza manette ai polsi e cenere in testa.
Infine, bontà loro, i piddini gli avrebbero addirittura permesso di stare al loro fianco in Tribunale, come se fosse il Pd a legittimare l’antimafiosità di Marino, e non semmai viceversa.
Ora, come ho già detto altrove, Marino ha certamente fatto errori – specie di vanità e di comunicazione – e pure pasticci. Ma questa cosa di fare passare un’umiliazione per una gentile concessione del principe dà la misura di cosa è oggi il Pd renziano. Un misto di arroganza, boria e bullismo. Proporzionale peraltro alla storica contaminazione con i più fangosi poteri di Roma.
E, in questo triste finale, proporzionale anche al tatticismo della peggior specie.
La questione oggi, infatti, non è più se Marino ha fatto errori ma è se la caduta di un governo cittadino debba avvenire nell’aula dei rappresentanti eletti dai cittadini – cioè il consiglio comunale – oppure debba avvenire con uno stratagemma (le 25 dimissioni) che impedisca il confronto pubblico, deciso in una sede non istituzionale e non rappresentativa dei cittadini, su imposizione del commissario di un partito e con i suoi consiglieri che obbediscono all’ukase per la paura di non essere ricandidati. E questo ovviamente varrebbe chiunque fosse il sindaco, e pure se fosse Barbablù.
Il Pd ha deciso di bypassare il confronto e questo sta tentando di fare.
Mi auguro che dopo questo spettacolo, il suo futuro candidato sindaco non vada al ballottaggio nemmeno se fosse un misto tra Gandhi, Mandela e Sankara.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.