Renzi, leader doppio e dimezzato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 11 ottobre 2016

Insomma. È cominciata con lui che voleva ‘stanare’ la minoranza. Toglierle ‘alibi’. Dividerla. Darle una botta in streaming. Mostrare che ‘se rompono è colpa loro’, come spiega la Meli informata dai ‘suoi’. E tutto questo per proteggere la sua creatura, l’Italicum, che è l’esatto pendant della riforma costituzionale, il marchingegno che trasforma una riforma insulsa, pericolosa per certi aspetti, demagogica e pasticciona per altri, in un maglio da sferrare direttamente sulle istituzioni, grazie al quale governare dal centro del sistema per 20 anni. Per ‘stanare’, ‘dividere’, togliere alibi forse doveva fare una proposta precisa, e magari presentarla prima alla minoranza, non in diretta web, tipo ‘carramba che sorpresa’. E invece la proposta non l’ha fatta per il timore che l’Italicum si dovesse cambiare davvero, o meglio per cambiarlo con comodo nell’unico punto che lo interessa, ossia assegnare il premio alle coalizioni, con un meccanismo simile magari a quello della legge sui Sindaci: l’apparentamento al ballottaggio. Per il resto niet.

È andata a finire che la genialata tattica renziana ha prodotto una situazione di stallo. Ha sospeso il partito al ‘mah’ e l’ha rappresentato al Paese in un’istantanea in cui tutti si guardano e dicono: ‘ e mo?’. Lo spettro della scissione, adesso, è meno spettro, e dovrebbe far paura anche a Renzi, che nel caso non avrà più alibi domestici, non dovrà stanare più nessuno nel tentativo di coprire le proprie responsabilità, e non avrà nessuno da dividere, da asfaltare, da rottamare. Resteranno solo lui, ‘i suoi’, gli aggregati della seconda ora, la ‘sinistra’ pronta a schierarsi per qualunque cosa (il sì, il no, il mah), gli spezzoni di classe dirigente che guardano a lui per la carriera, i poveri ex militanti trasformati in ‘volontari’ (come i kamikaze giapponesi, che erano appunto ‘volontari’), più i due anziani che, fuori dal Nazareno se la sono presa con Speranza. Ecco il partito ‘nuovo’ renziano, esangue negli iscritti, assediato dalle primarie aperte (che credo verranno usate sempre meno, soprattutto quando si tratterà di eleggere il segretario aspirante premier), stracolmo di signor sì e di gente che tiene famiglia.

Ma Renzi, oltre che premier, non è anche il segretario del PD? E un segretario acconcia in questo modo il proprio partito? Lo irrigidisce a tal punto, senza un minimo di effettiva flessibilità, senza un minimo di concreta capacità di mediazione (altro che ‘stanare’ e togliere alibi, o rottamare, o asfaltare)? Sì, lo è. E certo il doppio incarico produce un conflitto di interessi fortissimo tra chi governa (e vuole restarci a ogni costo come un Panzern della Wermacht), e chi invece deve guardare alle cose della politica con occhio più limpido, con sguardo attento alle differenze, agli equilibri, alle mediazioni, ai punti di contatto. Il PD si è lacerato anche su questo, sul doppio incarico che produce ovviamente doppiezza e divisione, e dunque scarsa capacità di sintesi e di prospettiva. Un leader intelligente, un leader di una volta, non avrebbe aspettato un solo secondo a rimettere il mandato da segretario. Renzi no, Renzi si è formato alla Ruota della Fortuna e certe cose non le capisce. Renzi ha un senso bulimico del potere e della comunicazione, che lo offusca. Oggi è davvero l’unico caso di leader doppio e dimezzato allo stesso tempo. Non se lo merita, diciamolo, un grande partito, al più un grande contenitore di tutto un po’, comprese tante cose che con la sinistra non c’entrano niente. Ma proprio niente. E prima o poi lo si capisce drammaticamente.

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