Renzi: “adesso chi vuole il bene di Roma la smetta con le polemiche e le divisioni”

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 11 ottobre 2015

Tutti assieme appassionatamente

Che cos’è una cornice per un quadro? Nulla, diranno molti, il quadro resta quadro anche senza cornice, anzi di più. Altri, invece, diranno che la cornice è utile, forse essenziale. La cornice dialoga col quadro, e gli conferisce un senso invece di un altro. In ogni caso, ‘inquadra’ il quadro, compiendo un’operazione quasi logica. Prendete la metafora a applicatela ai fatti e alle vicende umane. Cosa manca oggi al gran discutere che ci circonda? Alla chiacchiere tecniche, ai numeri, alle cifre che ci propinano, alla smania di risultato, alla richiesta di efficacia, alla volontà di trovare ‘la’ soluzione, ‘la’ crescita, al bisogno diffuso di eliminare tutto ciò che sia discussione, confronto, concerto di opinioni, agone, in breve partecipazione e democrazia? Cosa manca? Manca proprio la cornice, ossia la politica-politica, quella fatta di partiti storici e radicati, istituzioni rappresentative che siano davvero tali, rappresentanza, regole, connessione sentimentale e razionale di popolo e istituzioni pubbliche, comunità politiche, passione, ideali, interesse generale. Senza questa cornice, il quadro resta un marchingegno ‘tecnico’, neutralizzato dalla ‘tendenza fondamentale del nostro tempo’, quella a spogliare la vita dei cittadini della loro voglia o necessità di partecipare alle grandi scelte, affidandosi invece a ‘competenti’, a tecnici, a economisti (provenienti magari da qualche banca d’affari), statistici, sondaggisti, comunicatori capaci di tradurre in una formula, in una tabella, in un’equazione, in uno storytelling, la grande onda di passione e partecipazione e la gran messe di soluzioni possibili, tutte legittime, dietro ognuna delle quali c’è un’angolazione politica diversa e pronta al confronto con le altre, come nella grande politica che fu. Riducendo la soluzione a una, la sola, l’unica. La soluzione che ‘risolve’ nell’unico modo possibile. Anzi, necessario.

Applicate adesso questo ragionamento alla vicenda di Roma, e a quanto raccontava ieri Marco Conti, in modo chiarissimo, sul Messaggero. Cosa dice Renzi a proposito? Che “adesso chi vuole il bene di Roma la smetta con le polemiche e le divisioni […] ai cittadini interessa che si sistemino le strade […] non le liti tra correnti”. Quindi ci vuole ‘unità’, perché le divisioni (il dibattito pubblico) impediscono la soluzione ‘tecnica’ del problema (coprire le buche, che si coprono insomma in un solo modo, non in altri). “Come Governo – continua Renzi – faremo tutto il possibile perché il Giubileo sia un successo” (ecco il ‘successismo’ che annuncia la ‘gloria’ e sta dietro ogni gesto del tecnico che risolve problemi, come Mr. Wolf di Pulp fiction). Andrà come per l’Expo, dove “i risultati parlano chiaro”. Anzi sarà un “trionfo” (come spiega De Marchis su Repubblica, riportando forse una velina di Palazzo Chigi). Il ‘trionfismo’ è fase finale del ‘successismo’. Roba imperiale, napoleonica. Che fare, dunque? Marco Conti ipotizza che a Palazzo Chigi si punti tutto sul “nome del commissario e dei subcommissari. Nove in tutto, che di fatto comporranno una giunta TECNICA (eccola, la tecnica) molto operativa” (il fare!). Dulcis in fundo: se poi “si troverà il modo di inserire nella rosa dei commissari anche il possibile candidato Sindaco” è questione tutta da vedere. Ma certa trapela l’ipotesi che dalla rosa tecnica possa sorgere il super-tecnico destinato a coprire le buche di Roma nell’unica soluzione possibile, metterci dentro qualcosa. Renzi, scrive Conti, è fiducioso, perché dice di “aver sempre vinto le battaglie” ingaggiate. Tecnica, ‘successismo’, storytelling a cofane, ergo: ‪#‎statesereni‬.

Guardate adesso il quadro dipinto dal renzismo su Roma. Vedete la cornice? Io no, io vedo solo la tecnica, i tecnici, i commissari, il furore governativo,il calcolo bellico, l’auspicio di trionfi futuri, il lavoro di potenziamento del morale delle truppe. La cornice sarebbe stata, invece, una valutazione più attenta alle questioni in campo, un respiro più largo dell’iniziativa, il segno di un’analisi profonda dello stato della città, della sua vicenda, ben oltre le chiacchiere mediatiche. Per dire, si andassero a leggere l’ottimo saggio di Walter Tocci sulla Capitale, edito da poche settimane: una delle più belle ‘cornici’ su Roma contemporanea mai lette. Ma si sa che Renzi deve vincere, coprire buche, trionfare, a lui non interessa probabilmente il destino futuro della Capitale, troppo in là nel tempo, a lui forse interessa di più mettere il suo bravo tecnico a dirigere l’attuale baracca. E magari potrebbe essere il tecnico che ‘riunifica’, che azzera i litigi, che rimette tutti d’accordo dopo la parentesi di questi mesi. Il ‘competente’ che rassicura le parti in causa, schierate finalmente assieme per il bene comune. Che produce il ‘superamento’ del confronto tra le ‘correnti’, che ‘salva’ tutte le opinioni, e le valica in un’opinione unica che le accorpa tutte e tutte le ‘risolleva’ tecnicamente. Basta, allora, con la politica che vuole un chiaro confronto in piazza, nei quartieri, un dibattito pubblico all’altezza dei mali da affrontare, un confronto chiaro e trasparente tra tutte le soluzioni e i progetti in campo. Basta “con le polemiche e le divisioni”. Soprattutto le divisioni. Tutti uniti, tutti assieme, per il bene di Roma. Un Patto del Campidoglio, magari. E tutti al centro in un grande “partito della città”, declinazione locale e miniaturizzata del futuro (o presente) partito della nazione.

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