Il referendum come ‘ruota della fortuna’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 3 ottobre 2016

Dopo aver detto in tutte le lingue e in tutte le scritture (compresi gli ideogrammi) che se vinceva il NO non solo tornavano i dinosauri, ma cadeva persino il Governo (e Renzi sarebbe andato via da Palazzo Chigi, senza nemmeno fare gli scatoloni), oggi la solfa è diversa. Dimissioni? Fuga dal palazzo? Andare in Africa? Ma quando mai! Si vota per la Costituzione, mica per l’esistenza del governo! Ma chi l’ha dette queste baggianate? Non è una capriola, è una salto mortale carpiato. Ancora ieri Del Rio (quello che adesso vorrebbe fare ponti pure verso la Sardegna e la Corsica), spiegava sul Corsera che “il 4 dicembre non si decide sul governo”. Insomma, scherzavamo, o forse sbagliavamo, sembra dire, quando si evocavano le sette piaghe d’Egitto.

Evidentemente a Renzi è arrivato qualche ceffone, prima di Jim Messina e poi di Giorgio Napolitano, ai quali non è piaciuto affatto l’esordio ‘personalizzato’ della campagna elettorale. Anche se il premier non ha affatto cambiato atteggiamento, a guardar bene. Zagrebelsky racconta che nel dibattito tv sembrava un’anguilla, ossia svicolava seguendo solo il filo della propaganda. Mi domando: questo stile scivoloso-propagandistico è rispettoso verso la carta costituzionale? Vuol dire stare sul pezzo? Oppure vuol dire che Renzi sta trattando questo referendum come una qualsiasi elezione politica, o peggio come la ruota delle fortuna delle elezioni politiche, dove non contano i contenuti ma la fortuna stessa, il rischio esplicito, la botta di sedere? Non è un mistero che dai Comitati per il Sì dovrà nascere il nuovo partito renziano. Così come è chiaro che la rincorsa a destra è mera tattica politica, e l’evocazione del berlusconismo contenuta nel richiamo al ‘ponte’ è un gioco equilibristico sugli schieramenti del tutto fuori luogo quando si decide la sostanza della carta costituzionale, ossia una norma che dovrebbe riunificare l’Italia in una grande discussione, aperta, ampia, oltre la propaganda spicciola, le appartenenze e i tatticismi più cinici.

La verità è che Renzi è tirato doppiamente per la giacchetta: da una parte c’è il guru-promoter Messina, che punta al sodo, ossia a vincere-vincere-vincere anche facendo patti col diavolo (la destra) ovvero giocando sporco in tv. Dall’altra c’è Napolitano che lo richiama ai doveri politici e istituzionali di un premier. Per il primo il Parlamento può pure andare a farsi fottere (cancelliamo poltrone, abbattiamo i costi, gettiamo fango sui politici, seghiamo il ramo dove siamo seduti: insomma populismo puro), per l’altro il Parlamento resta un bene democratico, che il Sì potrebbe persino rivitalizzare (ma a questa cosa non crede nemmeno il Presidente emerito, tanto suona contraddittoria in sé e per sé). Fatti i conti, a me sembra che Renzi segua più Messina che l’ex Presidente. Chiedo, perciò, a Napolitano: ma non potevi pensarci meglio, prima di affidare le sorti della Repubblica a un casinaro pieno di sé come Renzi, uno che crede di essere in tv anche quando è chiuso in uno sgabuzzino. Lo stesso, magari, dove fanno patti segreti lui e Berlusconi? Be’, se vince il NO penso che Napolitano se lo mangerà vivo.

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