Referendum costituzionale. Informazione e potere

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesco Salvatore
Fonte: Politicaprima
Url fonte: http://www.politicaprima.com/2016/08/referendum-costituzionale-informazione.html

Malcom Xdi Francesco Salvatore – 14 agosto 2016

Nell’informazione pubblica stiamo assistendo a un riassetto che, senza porre attenzione all’inefficienza dell’organizzazione, si concentra sull’affidabilità delle persone che dovranno tradurre in programmi televisivi di intrattenimento e informazione i desiderata di chi è al Governo del Paese.

Enzo BiagiNiente di nuovo sotto il sole per quanto riguarda la sostanza, visto che l’informazione è da sempre una leva strategica di primaria importanza per governare le masse ma, sorprende come questa prassi tenda a realizzarsi con metodi sempre più rozzi, sfacciati che non ricorrono nemmeno ai pretesti che hanno giustificato la cacciata di Grillo nel 1986 quando, in occasione della visita della delegazione socialista in Cina, ebbe a dire “se in Cina sono tutti socialisti a chi rubano?”.

Michele_Santoro_Oppure quando nel 2002 con “l’editto Bulgaro” Berlusconi denunciando un uso criminoso delle reti televisive pubbliche, diede il benservito a Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi.

Ora nemmeno questo, si toglie il microfono a chi non è affidabile senza nemmeno ricorrere a giustificazioni “plausibili”, insomma si agisce come se non si dovesse rendere conto ad alcuno.

Crozza RenziSatira, approfondimenti, inchieste sono temi scomodi per i sepolcri imbiancati che non amano chi gratti la cosmesi di rispettabilità dietro cui nascondono verità scomode. Non far sapere al contadino quanto è buono il formaggio con le pere è un modo per prolungare la permanenza al potere, come pure attuare politiche di informazione che, serpeggiando per i canali tradizionali e innovativi, perseguono lo scopo di indottrinamento delle masse con messaggi spot magici che, batti e ribatti, come con il “salaga doola, mencica boola, bibbidi bobbidi boo” di Walt Disney, trasformano opache zucche in scintillanti carrozze.

L’evoluzione di questa strategia pervasiva dai manifesti extra-large o dai mantra berlusconiani – sinistra = male, magistratura = comunismo, procedimenti giudiziari a orologeria, ecc. – si è evoluta con l’occupazione di spazi radiotelevisivi nelle ore di punta degli ascolti che ha mandato in soffitta la par condicio e ultimamente si impone anche sui treni. Roba che nella metà degli anni ’80 i registi Terry Gillman con Brazil e Michael Radford con 1984 costituiva materia di fantascienza.

È il segno dei tempi di una spirale viziosa di un processo di “normalizzazione” dell’informazione radio-televisiva iniziata e condotta con successo dalle reti private di Berlusconi e che ora viene trasposta senza veli nelle reti pubbliche e, nostro malgrado, ci perseguita anche negli spostamenti. Niente da obbiettare se non fosse per il piccolo dettaglio che si tratta di occupazione non solo di “servizio” ma anche di “spazio” pubblico.

Bianca BerlinguerHo virgolettato “normalizzazione” per attirare l’attenzione su un termine che sempre più spesso viene utilizzato senza suscitare alcuna reazione da parte del lettore. In particolare questo sostantivo è preoccupante quando è il denominatore comune di interventi sui servizi di informazione come quello appena messo in atto nella RAI o come quello prospettato sui treni.

Ma perché l’uso di questo sostantivo dovrebbe preoccupare?

Perché esso indica le attività per creare una situazione considerata “normale”.

Ma allora viene ancora da chiedersi, cosa c’è di meglio di una situazione rassicurante come quella “normale”?

Norma (o moda) è la caratterizzazione della realtà nel suo carattere più frequente, quindi una sintesi che non tiene conto della variabilità che invece è l’elemento imprescindibile della realtà.

Normalizzare il settore dell’informazione significa allora dare vita a un processo per escludere quanto non si uniformi alla norma che si è scelta come riferimento; in buona sostanza è il sogno perseguito da tutti i regimi che, a prescindere dal colore delle bandiere, sono accomunati dai metodi di governo abietti.

Ritornando ora a quello che sta succedendo in RAI o che si è proposto per propagandare il SI al referendum, dovrebbe destare preoccupazione questo modo di procedere sempre meno attento all’opinione pubblica che si spera di poter presto normalizzare in un pensiero unico. Ma ancor più desta preoccupazione come siano state finora flebili le proteste da parte di chi del settore dell’informazione è attore: i giornalisti.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.