di Alfredo Morganti 19 aprile 2016
I numeri non sono il forte di questa nuova schiatta di classe dirigente piddina. Andrea Romano, ieri sul ‘Fatto’, confondeva le percentuali di voti assegnati alle liste rispetto ai votanti effettivi, con quelle dei votanti effettivi rispetto agli aventi diritto. Oggi Renzi torna in più interviste sul tema del risultato referendario, sostenendo che la competizione sia finita 30 a 70 (a suo favore, in sostanza). Ora, è evidente il tentativo di intestarsi tutto il non-voto, non concependone la eterogeneità. Ma non è questo il punto. Il punto è che il premier fa finta che si rechi alle urne il 100% degli elettori, mentre invece ormai un terzo di essi all’incirca diserta cronicamente i seggi senza che il governo li convinca al gesto e senza nemmeno pensarci troppo. Alle mitiche Europee del 40%, andò a votare solo il 58% circa degli aventi diritto, per dire. Mentre riguardo ai referendum abrogativi, da tempo, sono più quelli che se ne stanno a casa rispetto a quelli che depositano la scheda nell’urna. Basti dire, infine, che in Emilia Romagna alle ultime regionali votarono appena il 37,7% degli elettori, e Bonaccini raccolse 615.000 voti personali, contro i 900.000 che hanno votato, invece, al referendum del 17 aprile.
Detto ciò, ormai è evidente che il computo vero, effettivo, serio non può essere con gli albi elettorali nella loro completezza, ma con la percentuale media di elettori che effettivamente va a votare: il 60-65% circa nelle consultazioni elettorali, sotto il 50% nei referendum abrogativi. Questo 32% dei votanti al referendum trivelle (quasi 16 milioni di elettori), evidentemente, pesa di meno se confrontato con un irrealistico 100%, ma pesa molto di più se la base è ristretta al 60% dei votanti effettivi (per non parlare delle bassissime e, in questo caso, più omogenee percentuali dei referendum abrogativi). Ebbene, se restringiamo la base ai votanti effettivi, il 32% di quelli del 17 aprile risulta essere senz’altro superiore alla metà degli elettori che di regola vanno a votare (il 60% di cui dicevamo). Non 70 a 30, quindi, ma fatte le proporzioni, 32 a 28. Che, a base 100, si tramuterebbero in un 53,3% contro un 46,7%. Arrotondando: 53 a 47. Altro che 30 a 70! Quando si dice che i numeri sono numeri, non si aggiunge che possono essere manipolati come la plastilina, solo a volerlo. Che basta scegliere una base diversa per mutarne il valore e coglierne quello effettivo. La propaganda è una brutta bestia. Occhi aperti.