RECOVERY PLAN: BRICIOLE PER LA SANITA’

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

Il governo italiano ha dato la notizia che nel recovery plan sono stati allocati solo 9 miliardi per la sanità, appena il 4,6 % delle enormi risorse messe a disposizione con Next Generation UE (quasi 200 miliardi). È una decisione inverosimile. La pandemia ha rivelato quanto fragile e logorato dai tagli fosse il Servizio sanitario italiano: solo grazie alla abnegazione degli operatori tutti dei servizi socio-sanitari (ospedali, territorio, RSA, residenze per anziani, ecc..) si è potuto affrontare quello che sta avvenendo. Lo abbiamo osservato nel corso della prima fase e ancor più ora con la seconda fase.

Questo scenario previsto di spesa per la prevenzione, l’assistenza e la cura ostacola qualsiasi possibilità di revisione complessiva del sistema sanitario nazionale, che necessita molto di più di qualche miliardo per l’assistenza domiciliare e per la telemedicina (che pure rappresentano ambiti importantissimi per migliorare le condizioni di salute dei cittadini, costruendo adeguate modalità di intervento). L’Italia ha l’urgenza di un nuovo modello di come rafforzare la prima linea, quella della prevenzione, delle cure primarie, dell’integrazione tra sociale e sanitario, di come organizzare il collegamento tra la medicina del territorio e l’ospedale, di come combattere i rischi di nuove epidemie, di come affrontare le condizioni di cronicità in rapido e costante aumento.

Avevano dichiarato che per fare tutto ciò ci sarebbero stati anche i 37 miliardi del MES. Poi hanno detto che i soldi del MES non servivano, perché c’erano quelli del Recovery Fund. E invece ai progetti per la Salute sono state riservate le briciole.

Ci troviamo di fronte a una scelta politica precisa: la abdicazione a modernizzare e rafforzare il nostro SSN, per metterlo nelle condizioni di tutelare per davvero la salute della popolazione e ridurre le sempre più profonde diseguaglianze sociali. Una decisione finalizzata a trasformare un ammirato sistema di sanità pubblica in uno che sempre più avvantaggerà la medicina privata.

Ci troviamo di fronte a una scelta politica precisa, uno schiaffo alla sanità pubblica nazionale e ai servizi sociali: la rinuncia a rinnovare e potenziare il nostro SSN, per metterlo in grado di tutelare per davvero la salute della popolazione e ridurre le sempre più profonde diseguaglianze sociali. Una scelta destinata a trasformare un invidiato sistema di sanità pubblica in uno che sempre più favorirà la medicina privata.

Per rendere efficace ed efficiente il SSN sarà opportuno, anche, rivedere la linea di comando a tutti i livelli, cancellando l’idea stessa di “aziende sanitarie” che in questi anni, e ancor più durante la crisi, hanno palesato spesso inettitudine ed incompetenza nel garantire una risposta adeguata ai molti e complessi bisogni dei cittadini. Bisogna anche ridefinire il ruolo degli operatori rispetto alla burocrazia, riconsegnando un ruolo centrale a chi vive dentro le situazioni. È necessario realizzare i presupposti per un governo dei sistemi sanitari che funzioni e non si esprima solo attraverso disposizioni inutili e talora deleterie.

Tra le situazioni che bisogna collocare al centro della nostra attenzione vi sono le RSA e le residenze per anziani e le loro esigenze di finanziamenti congrui per supportarne una crescita quantitativa e qualitativa. Molte strutture sono in crisi a causa di un carico assistenziale gigantesco, imposto dai molti ospiti ammalati e dalla contemporanea gravissima riduzione del personale, che costringe a ritmi di lavoro disumani.

Ora iniziano a dire che la cifra dei 9 miliardi non sia definitiva. E allora a tutti i livelli bisogna fare battaglia per un vero rilancio delle politiche e dei servizi socio sanitari.

Mino Dentizzi

 

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