Record italicum: approvato a colpi di fiducia, morirà a colpi di sfiducia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 21 luglio 2016

L’Italicum è da buttare prima ancora che sia utilizzato. Un record. Approvato a colpi di fiducia, morirà a colpi di sfiducia.

Dopo le elezioni amministrative (perse), il premier disse che il risultato che contava per lui era quello di Milano, dove si erano affrontati ‘classicamente’ al ballottaggio il centrodestra contro il centrosinistra. Significava che quello era, per lui, lo schema elettorale che avremmo ritrovato anche alle politiche, e che i grillini sarebbero rimasti un terzo incomodo e basta. Lo disse pure ‘ai suoi’ e i ‘retroscenisti’ ben imbeccati lo scrissero a pappardella.

Nonostante il fronte politico si stesse sbriciolando e ‘tripolarizzando’ (così il fronte sociale), Renzi continuava a immaginare una realtà ‘aumentata’ dai suoi sogni e dai suoi auspici. Gli andava detto, peraltro, che i due candidati di Milano erano quasi identici, quasi ‘tecnici’, grigi entrambi, e che un po’ di colore arancione lo aveva messo Pisapia, che aveva sostenuto sino in fondo Sala facendo, infine, la differenza. Be’, un presidente del Consiglio che toppa così clamorosamente la ‘lettura’ politica della fase e che, per ragioni di bottega, ritiene che il buco della serratura di Milano mostri davvero tutta l’Italia (peraltro interpretando anche male il tipo di scontro in atto nella Capitale da Bere), questo presidente del Consiglio, secondo voi, ha davvero chiara la situazione, è davvero affidabile?

Che l’Italicum sia fuori contesto, lo vedono tutti. Approvato a colpi di fiducia, morirà a colpi di sfiducia. Persino Napolitano ha alzato il ditino ammonitore dicendo: il ballottaggio no. Certo, si sta diffondendo la paura della sconfitta, ed è più l’interesse di parte a dirigere il dibattito sulla legge elettorale che quello del Paese. Ma quel poco di dibattito pubblico che ancora c’è in Italia mostra lo sconcerto di tanti verso la toppa presa da Renzi sulla legge elettorale, e verso la cecità interpretativa (e dunque l’inefficacia) delle sue ‘riforme’ nei confronti dei processi in atto. Che fosse solo un tattico lo si sapeva. Che fosse un giocatore d’azzardo pure. Che fosse circondato da pessimi consiglieri anche. Ma che non inquadrasse la situazione in corso è davvero troppo. Un politico che non sa ‘leggere’ la fase è come un’autista di autobus cieco. Prima o poi si va a sbattere. Più prima che poi.

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