di Alfredo Morganti – 17 novembre 2016
Oggi stavo ascoltando ‘Atlantic City’ di Bruce Springsteen su youtube. Un brano triste e sofferto. A un certo punto il Boss canta così:
“Adesso sto cercando un nuovo lavoro
ma è difficile da trovare
il mondo si divide in vincenti e perdenti
e bisogna fare attenzione
a non finire dalla parte sbagliata
sono stanco di finire dalla parte dei perdenti
per questo, cara, ieri notte ho incontrato questo tipo
e gli farò un piccolo favore”.
È un’immagine straziante della vita, un’immagine da perdenti, da perdenti che tentano il tutto per tutto per cessare illusoriamente di esserlo. Nel bel mezzo di questo brano, che sta su ‘Nebraska’, si apre però uno spottino pubblicitario, dove una signora anziana in bici e altri bei signori ci spiegano che grazie al ‘Sì’ al referendum risparmieremo sulle spese delle regioni, abbatteremo i costi della politica, ridurremo i ‘politici’, la vita sarà migliore, sarà tre volte Natale e forse ringiovaniremo tutti. Vedete, già uno spot così congegnato darebbe il nervoso. Poi, se questo messaggio improbabile, ti piomba in piena canzone di Springsteen, dove si parla di vincenti e di perdenti, e dove l’immagine del mondo e di questa epoca è così cruda, quasi come un pugno in faccia, allora l’effetto è anche peggiore. Direi provocatorio.
Il contrasto è netto. Da una parte c’è qualcuno che racconta cose improbabili in uno spot falso anche nella fotografia flou; dall’altra c’è una voce che mette a nudo la vita e dunque l’anima di tanti che dinanzi all’abisso spalancato di disuguaglianze, nella veste di perdenti, finiscono dalla parte sbagliata della strada. Un contrasto pazzesco, fuori dalla realtà plastificata del ‘Sì’ referendario. C’è un mondo che si spacca tra ricchi e poveri, tra chi fa photo-opportunity e chi opportunità proprio non ne ha, e c’è invece chi confeziona spot ridicoli, davvero fuori dal mondo. Non bastava la Brexit e il suo insegnamento, non bastava la vittoria antisistema di Trump, né le condizioni reali e precarie di vita di tante donne e uomini, a cui si tenta di porre scioccamente rimedio con le ‘decontribuzioni’, non bastava tutto ciò a far ridiscendere sulla terra certi palloni gonfiati. Il loro destino è quello di essere bolle, e di pomparsi sempre più. Fino a finire come la rana che, per imitare il bue, si era gonfiata un po’ troppo. E questo a prescindere dal Sì e dal No. Da chi vincerà. Da chi perderà. La rana vanagloriosa resta rana, c’è poco da fare. Quanto di più lontano dalla grandezza e dalla saggezza di un bue.