Quirinale: A veder buttare giù dalla torre pezzi da novanta, viene da pensare a Pierfurbi Casini

per Gian Franco Ferraris
Come e perchè da tutto questo casino non verrà fuori un Casini. Sarebbe troppo divertente…
A veder buttare giù dalla torre pezzi da novanta e altri cavalli di razza viene quasi naturale pensare a Casini. Il bel Pierfurbi petroniano come incrocio perfetto della diagonale delle forze e punto di minimo attrito in un percorso accidentato come mai. La classica mediazione al ribasso, come tale con ampi margini di successo. Casini è perfetto sotto più di un profilo. E’ un eterosessuale di bell’aspetto a cui piacciono le donne, è naturalmente empatico ed ha un buon senso dell’humor, inoltre avendo fatto il giro di tutte le chiese, destra, sinistra e centro, sempre riuscendo a spuntare un buon posto a tavola è un buongustaio innato. Come tale buono per tutti i gusti. Ma soprattutto Casini è un bolognese fiero di appartenere alla sua città. E ne è comprova il fatto che non l’ha mai rinnegata, malgrado alle elezioni non gli abbia mai tributato più del 2 %, abbondantemente sotto la media nazionale. Confermando come più non si potrebbe una irredimibile avversità ideologica. E’ ben vero che con Guazzaloca conobbe una sorta di rivalsa, ma si deve dire che egli non fece nulla per averla. Fecero tutto i comunisti. Lui, se avessero lasciato Guazzaloca alla camera di commercio, evitando di intronare quel tal Sangalli per pura libidine egemonica, era disposto a candidare contro Vitali il buon Galletti che non sarebbe mai andato oltre il 20 %. L’aveva anche detto, “lasciateci stare nel nostro ridotto”, ma non fu ascoltato.
Come Fini (altro bolognese negletto quanto nazionalmente illustre) è un tifoso accanito del Bologna, nonchè della Virtus (cosa che gli impedisce di parteggiare, pure se l’indole non lo esclude, per la Foertitudo) e non manca mai di presenziare a ogni manifestazione sportiva. Anche minore. Di recente l’ho anche incontrato alla festa per lo scudetto della Fortitudo-Unipol di baseball, e non eravamo più di cinquanta persone. Ovunque i bolognesi celebrino una gioia, lui c’è. Buon cattolico ha con la chiesa quel rapporto di laica reverenza che si esprime al meglio nella consapevolezza dell’umile intrico che lega il peccato (specie carnale) al perdono. Venera la Madonna di San Luca alla stregua con cui un napoletano onora San Gennaro. Nulla a che spartire coi fanatici che vorrebbero mettere le brache al mondo, e neppure con l’orgoglio dei ‘cattolici adulti’. Essendo egli, piuttosto, un cattolico bambino e anche un po’ monello. Rispettoso delle chiese, qualsivoglia sia il credo, ovunque si sente a suo agio. Quando si è fatto eleggere nelle fila del Pd passava per i tavoli imbanditi delle sezioni come fosse un dirigente comunista di vecchia data, e posava senza alcun imbarazzo sotto l’effige di Berlinguer. Confermandosi della pasta degli anticomunisti ‘buoni’, cioè agonista e insieme magnanime come Don Camillo. Nulla del resto lega più intensamente in un aura di bonaria ostilità i nemici che un tempo si sono riconosciuti nella reciproca avversità ideologica. Una garanzia. Uomo di centro all’antica è disposto ad accompagnarsi seguendo la razionalità del momento, senza protervia e consapevole del proprio limite negoziale. Nulla a che spartire coi centristi radical come Renzi e Calenda, gonfi di presunzione, protervi e maniacali inclini al tradimento e all’efferatezza molesta. Un centrista di risulta adatto ai tempi, senza mania di grandezza. Se ha staccato il biglietto offerto da Renzi per l’ennesimo giro di giostra è anche vero che si è ben guardato dal finire nel suo entourage. Subito si è sganciato nel gruppo misto e fino alla fine ha sostenuto lealmente il Conte due. Salisse al soglio farcirebbe il quirinale di gente come Tabacci, Follini, Rotondi e Cirino Pomicino. Tutti democristiani simpatici e mondani coi quali il divertimento sarebbe assicurato. Della democrazia cristiana ha saputo assimilare gli aspetti eticamente più rilevanti, non solo il sensuale sensalismo per l’umano tornaconto, ma soprattutto la generosità e l’affidabilità nei rapporti amicali intimi. Soprattutto verso gli amici bolognesi. Un aspetto questo che vale anche per Prodi, che non avrebbe disdegnato di offrire un incarico politico anche alla donna di servizio, purchè fedele e timorata di lui. Ne sono esempio il commercialista Galetti e il facondo medico Magri, che sedevano con me in Consiglio e che Egli ha portato in parlamento e persino al rango di ministri e sottosegretari a scanso della loro indubbia competenza e della possanza politica. A lui si deve anche la sinecura offerta a Guazzaloca come presidente dell’antitrust una volta uscito di scena. Contrariamente a quanto invalso negli irriconoscenti comunisti, quando qualcuno gli chiede qualcosa Casini è uno che si da da fare. Perchè in fondo la clientela, in mancanza di peggio, è pur sempre un nobile servizio offerto dalla politica professionale. Ma ciò che congiura a fare di Casini un ottimo presidente di garanzia è anche la suadente ed ironica parlata padano-bolognese, così simile a quella di Tognazzi. Una volta Presidente egli si guarderebbe dal somministrare al popolo sermoni moralistici e filosofici. Parlerebbe di politica terra terra, cioè astratta e macchinosa, come si usa al bar. La politica come pour parler, vero antidoto alla noia di vivere. Ed è questo il suo lato più autenticamente bolognese, quella passionaccia sanguigna e vociferante per la discussione politica che già Guido Piovene nel suo memorabile Viaggio in Italia identificava come il tratto specifico dei bolognesi. Una passione coltivata nei bar e nelle sezioni di partito, sommamente dai comunisti, e che Casini, pure se costretto nella parte del reietto bastian contrario sbraitante vicino alla buca del biliardo come lo scemo della compagnia (figura comunque necessaria della messa in scena), ha fatto sua.
In estrema sintesi Casini sarebbe un presidente perfetto se la politica riconoscesse il suo debito verso la commedia all’italiana. Sarebbe il Sordi e il Gasmann del Quirinale. Degnissima espressione del lato caduco, quanto essenziale, dell’italianità. Perfetta anche per i tempi che corrono e per restituire alla realtà la sua misura.
Ma questo non accadrà. Perchè la destra vede in Casini non altro che un traditore inaffidabile, mentre la sinistra manca di senso dell’Humor. I neo-centristi egotisti alla Renzi e Calenda, per contro, sono incapaci di apprezzare ogni parodia nella quale si rispecchia irridente la loro truce indisponenza. Ecco per quindi che quello di Casini Presidente è solo, hainoi, un sogno comico di mezzo inverno.
Resta che noi bolognesi ne saremmo fieri. Come comunisti poi sarebbe anche il giusto contrappasso della nostra pusillanimità. Sarebbe come vedere riproporsi la storia del Cardinale Lambertini, il felsineo che nel 1740 salì al soglio come papa Benedetto XIV. Parafrasando una sua frase celebre, anche Casini potrebbe dire:
«Se volete un santo eleggete Gotti [Draghi], se volete un politico eleggete Aldrovandi (il cardinale Pompeo Marescotto Aldrovandi) [Amato] e se volete un asino eleggete me. [Pier Ferdinando Casini]»
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