Fonte: Fondazione Pintor
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di Valentino Parlato – 2 gennaio 2015
Tra pochi giorni avrà termine la presidenza di Giorgio Napoletano, che è stata la più lunga nella nostra storia repubblicana, difficile, non direi tra le migliori, ma, certamente, tra le più interventiste, come mi pare confermato dalle ultime presidenze del consiglio dell’era Napoletano. La presidenza Monti (che fu quasi un colpo di stato), poi quella debole e brevissima di Letta e infine quella di Renzi, il quale ha già dichiarato che un “tecnico” al Quirinale gli va bene come prossimo presidente, in modo che lui possa , nei fatti, concentrare i poteri delle due presidenze, e questo senza neppure essere stato eletto in Parlamento.
Stefano Folli su Repubblica del 2 gennaio, insiste sull’opportunità di salvare la “diarchia” (la convergenza tra le due presidenze, repubblica e governo), ma con l’attuale incedere del nostro Matteo, ci si avvicinerebbe piuttosto a una monarchia, (non il re ma un monopotere) in un’epoca in cui i partiti sono pressoché dissolti.
L’elezione del prossimo presidente della Repubblica si conferma più importante che nel nostro passato, anche perché Napoletano ha aperto in qualche modo la via al presidenzialismo. Eppure la stiamo affrontando con troppa leggerezza tanto da aprire la strada anche a un “tecnico” e,francamente, la “diarchia” di Renzi con un Presidente tecnico non incoraggia affatto. Il problema è serio, direi vitale, e sarebbe necessario aprire una discussione seria. Si tratta dell’avvenire del nostro paese. E, per questo, mi sento obbligato a fare un appello agli intellettuali (che ancora ci sono) e ai politici, alla stampa, perché si esca da questa fase di rassegnazione passiva, favorita dalla crisi economica dalla quale non si sta uscendo. La scelta e l’elezione del Presidente della Repubblica è decisiva per l’avvenire del nostro paese.
P.S.: Alcuni lettori sono stati un pò contrariati per i miei riferimenti a Mario Draghi in un precedente corsivo sul sito. Replico che non lo candidavo, ma, quando i tecnici sono venuti di moda, facevo il nome di un tecnico importante che, tra l’altro, è stato anche alla scuola di Federico Caffè.