Questi fantasmi. In morte di Articolo Uno

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Questi fantasmi. In morte di Articolo Uno
25 Febbraio 2017 – 10 Giugno 2023. Nascita e morte di Articolo 1 -Mdp, perchè domani, in quel di Napoli, è il giorno della muratura della lapide. Il partito si scioglie anche formalmente ed entra nella storia come bara vuota dopo essersi interrato di fatto ormai da mesi nel Pd. Sei anni di vita, breve, intensa, tormentata, dei quali almeno due in remoto causa Covid.
Anche data l’ubicazione dell’evento si deve supporre che larga parte dei membri dell’assemblea non si muoverà da casa, malgrado le navette messe a disposizione per la stazione e l’aeroporto (giacchè ci sarà chi verrà in aereo a sue spese per avere l’ebbrezza di sostare nel cral operaio della Wirphull….). Del resto una buona parte dei militanti si è disaccasata da tempo, dopo la breve diaspora che è seguita all’ultimo congresso. Nel quale peraltro si menzionava un progetto di ‘rifondazione’ cui partecipare sulla base di precise condizioni. Nessuna delle quali, a partire dall’ostracismo per le primarie, è stata rispettata. E cionondimeno il partito si scioglie comunque, al netto di qualsivoglia deliberazione congressuale in un confronto prolungato di mozioni, come fu nel caso, traumatico ma nobile, del Pci. Essendo che il reingresso nel Pd era già stato consumato anzitempo dal gruppo dirigente, con cinque candidature blindate nelle liste Pd negoziate per tempo (e nottetempo) con Enrico Letta, e già preventivate all’atto di quelle agorà discutidore tanto fumose quanto evanescenti nelle quali la Schlein fu cooptata come garante.
Se si dovesse ipotizzare un referto da autopsia si dovrebbe parlare di una morte per consunzione naturale e quasi casuale, ovvero per estenuazione intrinseca data l’incertezza dei fini e l’imponderabilità degli organi vitali. Il decesso avviene infatti nella calma più assoluta, nessuna concitazione, rantoli, spasmi. Un trapasso naturale, si direbbe quasi ‘sereno’. In località amena, potendo scegliere invece del letto di casa. Neanche previsto il tempo di portare il lutto e abbandonarsi alla mestizia, giacchè il paziente già da tempo era dato per morto a sua insaputa. E poi subito il giorno dopo, cioè domani stesso, ci sarà la Schlein a celebrare la nuova vita in un tripudio di acclamazioni. Funerale breve e gaio. Funerale scacciapensieri. Atto necessario, senza ‘alternative’. Questa è infatti l’unica argomentazione adusa fra i militanti che hanno assecondato l’anticipata fuga in avanti, a cavallo di un seggio, del gruppo dirigente, mano a mano che svanivano, un petalo dopo l’altro, le condizioni preliminari del reingresso nel Pd. Non c’erano
alternative. Così si dice. Un concatenarsi di necessità esterne. Dall’adesione al governo Draghi, alla susseguente rottura con Conte, dall’ingresso in guerra sotto l’ombrello della Nato al reingresso nel Pd, e infine al mettersi in coda ad Elly celebrando come un trionfo le ultra vituperate primarie ecc. ecc. Una inerzia intelligente, anche una hegeliana furbizia del destino. Una shopenauriana volontà di fatalità. Ci abbiamo provato, non è andata bene.
Un partito, un raggruppamento politico sotto forza maggiore, preda di forze e dinamismi soverchianti. Già all’atto di nascita in stato confusionale avendo oscillato fra molteplici indirizzi. Un processo costituente di una forza di sinistra alternativa al Pd, un piccolo Ulivo dell’esterno ad uso di manovra (per il quale era stato ingaggiato persino un Pisapia, inadeguato come una vecchia zitella) un reingresso nel Pd confidando nella sua ‘guarigione’ spontanea, addirittura una vagheggiante resurrezione del Pds nell’ipotesi di una deflagrazione del Pd. Non esclusa, a un certo punto, l’idea bizzarra, ma balenata solo nella mente perversa di alcuni, come la mia, di una fantastica bicicletta Conte-Bersani…. Smettendola di chiamare a sè astenuti e pentastellati, piuttosto seguendoli nel bosco….
Anche organizzativamente indeterminato. Sempre a metà fra l’essere un partito strutturato (persino armato di una ‘ideologia’ come a un certo punto perorava D’Alema), un movimento, una lista (quasi mai pervenuta se non in forma clandestina sotto la sigla di qualche prestanome), o una associazione. Lo stato gassoso, in quest’ultima ipotesi, nel quale si è scelto infine di fare evaporare il corpo degli iscritti del fu partito. Neanche organizzandoli in una ‘componente’ correntizia, cosa che avrebbe permesso di preservare qualche vincolo importante. Neanche correndo dietro alle pecore smarrite per riportarle al branco, come sarebbe d’obbligo per ogni buon pastore, specie se di anime. Noi, piazzati nel parterre de la reine, con la Schlein, suo seguito personale (dopo anni di critica alla ‘personalizzazione’ pseudo-carismatica) per il resto ognuno per sè e si salvi chi può. Militi ignoti dispersi nel nulla.
Nonostante ciò una vera comunità affettiva, quella di Art. 1, un ordine culturale, un cristallo esistenziale. Un raduno di spaesati, transfughi, emarginati, perseguitati, diseredati e di spiantati. La sublime accozzaglia degli sradicati. Gran brutta gente disamorata mala-tempora che si è ritrovata riscoprendo la sua vetusta bellezza. Potendo parlare la sua lingua classica e bellissima, la vera matria, ormai desueta nel mondo essoterico. Una romantica fuga esoterica, è stata Articolo Uno. L’orgoglio di quelli che furono comunisti, social-comunisti, catto-comunisti. Cossuttiani, ingraiani, amendoliani….I comunisti delle risme migliori. Togliattiani. gramsciani, neo e vetero marxisti. Gli inerti, le masserizie, i calcinacci. Tutti i rottamati dalla violenta ristrutturazione della sinistra in chiave liberal-liberista. Una veduta piranesiana. Lì ci siamo veramente voluti bene. E ci siamo anche divertiti: ora a cavallo di un Camelloporco, ora sdraiati in una casa di cura, ora adunati nel refettorio dell’abbazia (come nella fantasia della compagna Mauthe) attorno all’abate Pier Luigi Bersani in voga di metafore paraboliche.
Una alternativa alla sottomissione e a una vita menata da marrani. Di cui ora si vorrebbe dichiarare, a consuntivo, la sterilità politica per transitare a una vita nova emancipata da ogni tara. Questa sì una vera illusione. Perchè il destino dei post-comunisti è più che una maledizione. Una persecuzione. Dalla via che essi, quale che sia la posizione cui sono approdati, anche il più sfacciato e cinico tradimento, restano agli occhi del nemico i portatori viventi di quel fantasma. Il fantasma del Pci. Non c’è abiura che tenga. Il marchio dell’origine è inalienabile.
Dove il Pci conteneva tutte cose, anche molte delle cose da Renzi realizzate, salvo la rottamazione, che però è un particolare decisivo. Portare le masse nello Stato per fare la rivoluzione borghese, e magari lì stazionare senza andare oltre. Però con l’idea e la pratica, sempre e comunque, dell’autonomia del partito come espressione di popolo. In ciò una comunità di destino. L’esorcismo senza il quale ‘lor signori’ non possono prendere il sonno nel letto del loro patrimonio. Il fantasma che li ossessiona anche quando il corpo è defunto. L’oriente in casa.
Ecco, tirando le somme, questo si può dire in gloria di Art. 1: che è stato l’ultimo tentativo, in una diaspora che conta ormai trenta anni, di dare una esistenza autonoma e concreta alla cultura politica che origina dal comunismo italiano. Quantomeno testimoniale se non politica. Senza riuscirci. Impresa troppo ardua, faticosa, aleatoria, per chi segue poste di breve periodo. Sicchè tutto ritorna allo stato fantasmatico, giacchè i fantasmi sono sempiterni.
Riusciranno i nostri eroi, travestiti da procioni, a perseguire lo scopo di un Pd in qualche modo ancorato a quel fantasma, sia pure addomesticato in forma apocrifa ? C’è da dubitare e già la crudezza della politica bussa alla porta. La domanda posta dalla guerra non ammette risposte pasticciate e cozza contro ogni speranzosa ipotesi di una pacifica concorrenza per riacchiappare voti. Mentre Draghi (pur sempre l’ispirazione di tre quarti del Pd) chiama a imbracciare il bazooka (non quello monetario) la Schlein
balbetta, col rischio di risultare ‘inaffidabile’ anche per i suoi grandi mallevadori atlantici. Al di là delle giaculatorie sul sesso percepito e l’utero in affitto e qualche schermaglia sul lavoro precario, bisogna decidere. Malgrado le brutte figure di Renzi e Calenda, il fantasma di un partito di centro che guarda a destra resta nelle corde di larga parte del Pd. Il composto resta equivoco e una deflagrazione sempre probabile. Allora il problema da cui nacque Mdp Articolo Uno tornerà ingigantito.
Tanti auguri amati compagni a Napoli adunati. Chissà se ci rivedremo ancora.
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