Quanto ci accade intorno ci preoccupa non poco. Qualche riflessione sulla vicenda del Senato e sulla legge elettorale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Bruno Ceccarelli
Fonte: Caseperlasinistraunita

di Bruno Ceccarelli – 31 luglio 2014

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La crisi SISTEMICA che, da qualche decennio, ha investito l’economia, i rapporti sociali, i rapporti tra paesi, il tipo di produzione e di sviluppo in un mondo globalizzato, che ha finito per condizionare ogni aspetto della vita dei cittadini, ha assunto il carattere di una sfida della modernità di drammatica ed eccezionale rilevanza.  Non solo e con evidenza mette a rischio la democrazia e ne impedisce un ulteriore avanzamento, ma, contorcendola, parefarla precipitare all’indietro. E’ la discussione che si incentra su nuove forme di autoritarismo che, in questi giorni, investe il paese.

Sono,infatti, ri-messe in discussione e sono sotto attacco molte delle conquiste fatte nel corso della storia dell’umanità ed in particolare quelle avvenute a partire dalla metà del secolo trascorso. Purtroppo la vera politica annaspa e nel nostro paese si parla di tutt’altro. Mantenere una condotta subalterna e senza nuove idee per il governo dell’economia del XXI secolo, significa dover rincorrere continuamente, in danno dei cittadini,  misure che sono dettate esclusivamente dalla cecità insaziabile dei moderni predoni del mondo globalizzato.  Si osanna un sistema economico che mentre fa morire di stenti un milardo di persone, produce per gli altri 6 miliardi una quantità di cibo doppia (per 12 miliardi di persone)  che va tutta buttata al macero. Le conseguenze le sappiamo!

Aver creduto possibile una procedura che tenesse separata, nelle implicazioni riguardo gli istituti della democrazia, la nuova legge elettorale dalle  riforme sia di carattere istituzionale che Costituzionale è stato un approccio che si è dimostrato velleitario e in sostanza non adeguato e funzionale. La cautela e la saggezza nell’affrontare la materia elettorale e ancor di più la riforma della Costituzione avrebbe dovuto consigliare un approccio del tutto diverso.  E’ una delle cause del triste spettacolo (la rissa) che viene offerto dalla politica. E’ soprattutto una delle ulteriori manifestazioni dei limiti di un ceto politico, del tutto inadeguato, che sembra perseguire con lucidità, – dopo i continui fallimenti circa la gestione sociale ed economica (con le relative misure e proposte) per uscire dalla crisi,- l’allargamento della voragine tra la politica e i cittadini.

La cosa che concorre ad aggravare la situazione è il ruolo assolto dai media. Il loro proposito non è di “produrre” cultura e opportunità di ragionamento circa gli argomenti in esame,  ma è  piuttosto quello di voler partecipare alla mischia per dar man forte alle opposte fazioni. Una battaglia che vorrebbe essere di civiltà per il progresso del paese è, nei fatti, una volgarissima lotta di potere di oligarchie mediocri che pensano ad un futuro nel quale i soli interessi che contano sembrano essere le loro fortune personali.

Ci costringono o vorrebbero costringerci a parteggiare. Non di questo il paese ha bisogno.

Il periodo che stiamo attraversando fa venire alla memoria la  invettiva che Dante – nel 6° canto del Purgatorio – lancia contro l’Italia del suo tempo, dilaniata da lotte intestine, nido di corruzione e di decadenza: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello!”

Non c’è alcun dubbio che il nostro paese può essere paragonato ad una nave che galleggia a stento nel mezzo di una tempesta. L’equipaggio (le Istituzioni tutte e in particolare il Governo e il Parlamento) invece che ingegnarsi per uscire dalla tempesta ed evitare di affondare, invece che tracciare una rotta di sicurezza per  portare la nave in un porto riparato, invece che scaricare zavorra (malfunzionamento e debiti delle regioni e dei comuni,evasione fiscale e corruzione,  privilegi parassitari)  contende, anche in modo rissoso, per stabilire da chi e come dovrà essere composto l’equipaggio del successivo viaggio.

Provo qualche considerazione, – modesta e sommessa che trae origine dai sentiti trala gente -, per come, da un punto di vista fuori (non dentro il ceto politico),la problematica si pone o dovrebbe essere posta e districata. Non eludendo alcune questioni di principio che attengono ad una democrazia, anche questa,vista dal lato fuori, ovvero dal lato dei cittadini.

Credo sia utile soffermarmi un attimo per  inquadrare  la situazione dei valori e della cultura del paese e la relativa necessità di istituti democratici che ne tengano conto.

Credo sia indiscutibile, al di la dei limiti che presenta la scuola nel nostro paese,che il tempo storico che viviamo è contrassegnato dalla cancellazione di una diversità (pure gerarchica) del sapere e delle conoscenze tra governanti egovernati. Anzi, sono personalmente convinto che il paese è più avanti della cultura e dei valori che sono espressi, complessivamente, dal ceto politico. Nella stragrande maggioranza i cittadini ragionano in modo più laico, più aperto, più compreso delle difficoltà del paese,  anche perché le pagano direttamente.

Alcuni riferimenti di principio:

Si dovrebbe partire da un primo principio: la legislazione elettorale è un diritto-bene comune di tutti i cittadini (nel senso che ciascun cittadino è “proprietario” di questo diritto e che è illegale – un furto – privarlo di ciò che è suo).

Dichiarare che la legislazione elettorale è un diritto-bene comune può servire anche a unificare una cultura dei diritti e dei doveri civili da parte dei singoli cittadini. Significa questo che la procedura per la formazione della legge elettorale non può passare sopra la testa dei cittadini ma dovrebbe, invece, coinvolgerli durante la fase della maturazione delle relative  proposte. Analogo ragionamento, forse ancor più penetrante, vale quando si mette mano a modifiche di carattere costituzionale.

Un secondo principio fondamentale è il diritto dei cittadini a scegliere programmi di governo che realizzino al meglio gli interessi generali,  e uomini e donne capaci di interpretarli.Sacrosanta la parità di genere, deve essere garantita all’elettore l’istituto della preferenza. E’ anche questa una questione democratica.

Rimarrebbe il problema del come compilare le liste, ovvero come decidere riguardo le candidature.  La soluzione “apparentemente” più semplice e funzionale potrebbe rilevarsi la scelta delle primarie. Le primarie non sono confliggenti con  l’istituto della preferenza elettorale.

In ultimo, ma non meno importante, si dovrebbe fissare, almeno per il 90% degli eletti e con deroghe pubblicamente argomentate, la durata del mandato. Un numero massimo di legislature (o di consigliature) per ogni eletto.

Rimane,naturalmente la necessità del coniugare la funzionalità istituzionale con il principio della rappresentanza, il come fissare soglie di sbarramento e il come applicare un possibile premio di maggioranza.

Sono personalmente convinto che con la realizzazione di una legislazione elettorale che sia il risultato di un coinvolgimento degli elettori (i proprietari del diritto)  tali problematiche troverebbero soddisfacenti soluzioni. Se posso esprimere una opinione personale, la soglia di sbarramento non può cancellare possibili modi diversi di interpretare (i programmi) le esigenze del paese. Deve poter  affrontare le frantumazioni molecolari o gliinteressi minoritari e di parte, non di più. Un 4 o 5 % potrebbe essere una soglia di sbarramento che i cittadini troverebebro del tutto normale che venga applicata. In caso di coalizione tra diversi partiti per il medesimo programma, si dovrebbe applicare una suddivisione diversa. Il numero degli eletti è assegnato alla coalizione per il risulato dei voti presi complessivamente e la suddivisione dovrebbe avvenire, senza soglie di sbarramento, all’interno dellacoalizione medesima. Per il premio di maggioranza che scatterebbe per la “coalizione” con il più alto numero di voti ricevuti,  la soglia minima dovrebbe essere almeno il 40%dei voti espressi.

Appare, infatti,  del tutto opportuno cercare di evitare di essere governati da coalizioni che “complessivamente” rischiano dinon rappresentare nemmeno il 25% dell’intero elettorato.

La medesima legge elettorale potrebbe prevedere, al fine di evitare la malattia del trasformismo, che mentre è garantito il dissenso costituzionale, un eventuale abbandono del proprio partito o della coalizione, per puro ed evidente opportunismo individuale, comporta inevitabilmente la applicazione di una norma (decadenza dal mandato?) – sotto richiamata- a difesa della volontà degli elettori.

Questa è una questione che mette in evidenza una ulteriore esigenza che credo, dal lato fuori, i cittadini sentano molto. E’ la questione della rappresentanza.Infatti questo è un contenitore non sempre limpido e nel quale si incuneano possibili velenosità.

E’ uno dei terreni per il quale, con molto equilibrio,  deve essere ricercata la sintesi, che sia capace di soddisfare e interpretare in modo moderno la democrazia di mandato.Vengono in risalto  le esigenze dei partiti, la funzionalità delle istituzioni e soprattutto va data assoluta priorità alle esigenze del paese e alle aspirazioni (ed anche alle speranze) del cittadino elettore, che ha espresso la preferenza.

La libertà di opinione, ovvero anche la sua espressione di voto, da parte dell’eletto (come previsto dalla Costituzione) va rigorosamente rispettata, in particolare,  nella circostanza di materie o di scelte che non erano state previste nel programma di coalizione per cui si è stati eletti.

Dovrebbe invece rigorosamente essere rispettata, anche, la volonta dell’ elettore.Ovvero, appunto, una norma da inserire per la difesa delle prerogative dell’ elettore. Norma che dovrebbe tener conto del fatto che il proprio eletto (quello cui è stata data la preferenza) ha una sorta di obbligo al rapporto congli elettori, specialmente nei casi di posizioni che risultassero in contrasto con quello della formazione politica o della coalizione di appartenenza elettorale (cioè per il programma per il quale si è stati eletti e sul quale sisono pronunciati gli elettori).

Questioni collegate alla funzionalità delle Istituzioni:

Se vengono sciolte positivamente le problematiche di principio riguardo la legge elettorale, ritengo diventi anche meno complicato, se visto dal di fuori, dare la migliore soluzione ad altri istituti, pure di rango costituzionale.

Mi riferisco al numero di firme occorrenti per indire Referendum o leggi diiniziativa popolare. Per fare un esempio chi intende cimentarsi con un Referendum dovrà avere consapevolezza che nel caso non riesca ad ottenere,  a referendum effettuato, la maggiornaza dei voti espressi (non la maggioranza degli elettori potenziali), la raccolta delle firme e le diverse spese sostenute non potranno essere a carico dell’erario. Si otterrebbe a mio avviso il doppio risultato di responsabilizzare i comitati referendari e contestualmente anche i cittadini che saranno disponibili asostenere economicamente misure considerate utili o altrimenti bocciarle, partecipando al voto e non astenendosi dal voto medesimo.

Da qui la  inutile ( a mio avviso) altissima soglia fissata per l’indizione degli stessi.

Altra questione è invece la raccolta di firme per la proposta di una legge di iniziativa popolare. Qui dovrebbe valere un principio democratico circa la esigenza di un voto obbligato del Parlamento, sulla proposta di legge di iniziativa popolare. Nel votare la proposta il Parlamento può decidere, in caso di bocciatura argomentata, egualmente il sostegno economico per le spese affrontate dai promotori per la raccolta delle firme necessarie. Anche in questo caso, la soglia minima di firrme da raccogliere non dovrà essere eccessiva. Una Democrazia avanzata dovrebbe trovare positivo il concorso dei cittadini al governo del bene comune.

Una ultimissima considerazione circa la riforma del Senato. Credo che il paese faccia fatica a capire le ragioni di tanta litigiosità. Soprattutto è davvero singolare che ci si cimenti sopra la testa dei cittadini che ritengo, sono tra quelli,  non abbiano colto appieno le nuove funzioni da attribuire alla “Camera Alta”.

Semplificando, le questioni principali sono: quale ruolo e funzioni debbono essere assegnate al nuovo Senato. Il carattere delle funzioni di controllo, modifica, proposta, camera delle autonomie, ecc. E ancora con queste diverse funzioni (giusta la eliminazione della funzione legislativa e di fiducia al Governo) sarà ancora necessario che sia aperto (ovvero lavori) continuamente come adesso o può assolvere al suo ruolo attraverso sessioni periodiche di lavoro?

Se deve svolgere attività, praticamente tutto l’anno, parrebbe opportuno che sia un Senato elettivo. Se invece sarà per sessioni periodiche, è forse meglio funzionale un Senato eletto di secondo livello (composto da Consiglieri Regionali e Sindaci). Questo ovviamente sempre all’interno di un sistema complessivo, che non prevede falsi eletti. nominati dalle segreterie dei partiti.

Rimarrebbe la esigenza del  contenimento della spesa. Periodicamente, forse, diventa complicato avere una sua struttura didipendenti che lavorino solo per preparare le attività di sessione.

Parrebbe utile considerare, invece, il costo complessivo delle due Camere. Un numero di Parlamentari ridotto permetterebbe, ad esempio, anche  la elezione di cento Senatori,  a pari costi per lo Stato.

Il problema vero, quindi, rimane quello di avere piena contezza delle funzioni e della sua attività conseguente.

Personalmente credo che al di la delle soluzioni utili, anche il Parlamento dovrebbe essere un poco snellito, nella sua pletorica composizione.

Quello che diventa difficile, per noi umili e modesti cittadini, è il districarsri all’ interno di battaglie di poteri di varia natura e qualità che davvero producono il sapore amaro della politica. Vorremmo veder chiusa l’era degli inchini alla Schettino e percepire la nave Italia navigare sicura e risoluta a risolvere,con nuove idee, i problemi e gli affanni che ci stanno mettendo in ginocchio.

Bruno Ceccarelli

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