Quando la bocciofila impedisce la imminente rivoluzione italiana

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 29 marzo 2018

Non conoscevo Paola Natalicchio, ex Sindaco di Molfetta, sino all’intervista di oggi a Repubblica, per mano di Concita De Gregorio. Ma ho capito subito una cosa. Se non esistesse D’Alema, in questo Paese, la strada della rivoluzione democratica e socialista sarebbe già stata spianata. È lui l’ingombro, il problema. È la ‘ditta’ il macigno. Sono i ‘dinosauri’ (termine che la accomuna lessicalmente a Renzi e Tomaso Montanari). LeU sarebbe diventata Podemos se non fosse stata appesantita dalla truppa dei dalemiani. Il futuro sarebbe stato radioso, luminoso, Bisognava solo tenere assieme sindaci come Pisapia, Doria, Zedda, Orlando, De Magistris, e il più era fatto, dice la Natalicchio. Un partito dei Sindaci, insomma. Davvero una grande novità. Bisognava solo rottamare D’Alema e la ditta, nient’altro. Se ‘Sinistra Italiana’ avesse scelto di fare Podemos, continua, adesso saremmo stati tutti più forti. E invece ha ‘imbarcato’ i vecchi, i rancorosi, quelli che volevano solo vendette personali. D’Alema, sempre lui, dopo aver affossato Prodi coi 101 (sic!), avrebbe voluto affossare anche Renzi, ma è arrivato ultimo nella gara elettorale, è stato un ‘perdente’, non doveva ‘correre’. Secondo la Natalicchio, Tomaso Montanari avrebbe capito di aver perso quando ha visto D’Alema al Brancaccio. Un gufo in platea, insomma.

Ecco. Renzi è citato solo in una battuta, quella sui 101. A leggere la Natalicchio, sembrerebbe anche lui, in fondo, una vittima della ditta, uno che ha subito i dinosauri, uno che se D’Alema non lo avesse sottoposto a fuoco incrociato, adesso avrebbe espresso il meglio di sé. Una specie di ‘compagno’ che sbaglia, e nemmeno per colpe interamente sue. Fratoianni? Grande organizzatore, ma rispetto a Vendola perde sul piano ‘simbolico’ (cioè su quello della narrazione, della comunicazione, sul piano affabulatorio e immaginifico). Che poi è quello che conta, sembra di capire. Quelli che tentano una faticosa e difficile analisi della sconfitta sono dunque avvertiti: la politica è semplice, è poca roba, basta togliere di mezzo la ditta (che poi si riduce a due nomi: Bersani e D’Alema) ed è fatta. In quello stesso istante, al culmine della sua ‘rottamazione’, tutto inizierebbe a fluire come d‘incanto: sorrisi, movimenti, gioia e rivoluzione. E senza D’Alema, tolto il malefico ingombro, ci si può finalmente dedicare alle ‘persone che vivono nel mondo reale’ (the new ‘ggggente’). La ricetta è star fuori dalla politica dei dinosauri ma dentro i volti felici e i sentimenti di chi lavora ai ‘progetti’, organizza tanti bei movimenti e sfila in piazze molto colorate. Una specie di Leopolda: però di sinistra eh! Sembra quasi di sentire: “il mio arancione è differente”. Non poteva mancare, in ultimo, l’elenco delle cose ‘fatte’ dalla Natalicchio come Sindaco di Molfetta. Una bella testimonianza del ‘fare’, naturalmente contrastata da chi si opponeva alla gioiosa rivoluzione pugliese: i vecchi, i burocrati, gli orsi siberiani, i giocatori di bocce. Immagino lo scintillio negli occhi di Concita, quando la Natalicchio menava fendenti alla ‘ditta’. L’emozione gli avrà fatto persino tremare un po’ la voce. O di più.

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