Quando amministrare significa PRENDERSI CURA

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Marianna Sturba
La dimensione del “prendersi cura” ha profondità e manifestazioni diverse.
Un infermiere ti tiene la mano perché tu hai paura, un medico ti sorride per farti capire che ti sta vedendo nella tua umanità, un insegnante ti passa la mano sulla testa perché vuole che tu ti senta al sicuro…ciascuno, quando riconosce l’umanità dell’altro, fa un passo oltre il dovuto e oltre il ruolo perché prende in carico al 100% la persona che ha davanti.
QUESTO STA MANCANDO NELLA GESTIONE DELL’EMERGENZA COVID DA PARTE DI MOLTI SINDACI E AMMINISTRAZIONI.
La presa incarico è parziale, è organizzativa manchevole dell’aspetto di sostegno all’umanità ferita.
Ciascuno ha cicatrici più o meno evidenti create dal covid, dal lockdown, dalle ripetute quarantene o dal virus stesso, e ciò che percepisci è che in quel dolore sei solo.
Sta venendo meno la capacità di prendersi cura della psiche delle persone, non vediamo una iniziativa comunale di sostegno alla capacità di sopportazione, alla psicologia dei malati, delle famiglie, dei nostri giovani.
Manca la presa in carico della risoluzione dei problemi, tamponi fino ad oggi a km di distanza e per qualcuno raggiungere i vari centri covid è stata una peripezia tutta personale; non una iniziativa per i giovani, non una proposta un’occasione di incontro e di rielaborazione, non una parola dedicata ai bambini e al loro smarrimento. Dove sono gli assessori ai servizi sociali? Possibile non viene in mente a nessuno un’azione di sostegno alla capacità di tenuta di una popolazione provata e spenta?
E quelli allo sport? Dove sono? Non una iniziativa anche on line di gioco, maratona o altro per tenere uniti gli adolescenti?
E gli assessori alla scuola? Non un’iniziativa dedicata alla scuola, un concorso, un gioco una conferenza.
E i consiglieri di opposizione? Dove sono? Quali proposte fatte alle varie amministrazioni?
NIENTE, IL VUOTO!
Prendersi cura da amministratori di una comunità equivale a produrre attività che corrispondano alla mano tesa dell’infermiere, alla carezza dell’insegnante al sorriso del medico. E questo si fa anche a costo zero. Ma bisogna avere, idee e soprattutto sensibilità. Ecco perché poi il gesto di un sindaco che fa lui stesso i tamponi alla sua comunità, fa notizia, perché non siamo abituati alla cura quella vera, quella che esce dai ruoli e approda nell’alveo dello stare con la gente davvero.
Per dedicare poi una parola ai sindaci non abbiamo visto una iniziativa che sia una chiusura strade, sanificazione straordinaria, chiusura straordinaria, misure ad hoc, nulla che faccia pensare ad una gestione consapevole e volontaria dell’emergenza. Perché non pensare a dare ristoro e sollievo provvedendo ad una sanificazione straordinaria nelle scuole? Unita magari a qualche giorno di sospensione per bloccare la catena di decisioni poco produttive per i bambini, prese in autonomie dalle famiglie alimentate fortemente anche dalla sensazione di essere dimenticati dalle istituzioni. Perché non fare uno screening della popolazione scolastica e avere la cognizione di un punto zero? Solo un attenersi a protocolli con comunicazioni sterili e operative di qualcosa spiegata dall’alto.
Ecco forse ci si aspetta questo, un gesto di cura, un’iniziativa di presa in carico calata sulla reale esigenza del proprio territorio, pensata per curare le ferite dell’anima prodotte dal covid.
Questo genera comunità!
Marianna Sturba
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