Qual è la minoranza del PD?

Ho letto, qua e là, anche in un post di Cuperlo per dire, che i 10 del PD che hanno votato sì alla risoluzione sul riarmo in Parlamento Europeo, sarebbero la “minoranza” del partito. Sembrerebbe solo una questione lessicale, ma non lo è affatto. Probabilmente i 10 sono minoranza nell’elettorato del PD, ma non nel PD inteso come organizzazione (per quanto leggera). I 151.000 iscritti al partito, ditemi se sbaglio, nel 2023 scelsero a congresso Bonaccini, mentre la Schlein fu vittoriosa successivamente, alle primarie. L’ex governatore emiliano ebbe nei circoli il 52,8% contro il 34,8% dell’attuale segretaria. Un bel distacco direi. Il voto poi espresso anche da elettori, simpatizzanti, passanti e disturbatori, premiò invece Elly.

A rigore, quindi, i 10 che hanno votato ‘sì’ tutto dovrebbero essere considerati meno che minoranza, ova ci si riferisca al partito preso in se stesso e non alla società civile che è chiamata a decidere in sua vece. Questa discrepanza, su cui il PD si regge in modo incerto, traballante, come vediamo, è la ragione vera della confusione che vi regna sovrana. E illustra molto bene anche l’incertezza del confine tracciato, si fa per dire, tra partito e non partito, tra chi vi milita e chi elegge il segretario, tra chi vi è dentro e chi lo usa dal di fuori.

C’è modo e modo per disarticolare il sistema dei partiti, e uno è proprio questo, il cui effetto è micidiale al punto da non capire nemmeno più cosa si intenda con la locuzione “minoranza” (di cosa? riferito a che?). Ho scritto un post dove ho chiesto che il PD si precipiti a Congresso senza mettere più la scelta della propria direzione politica nelle mani di una folla di “estranei”. Cesserebbe così, credo, l’ambigua sovrapposizione di cose diverse: il PD delle primarie e quello dei circoli, Il PD politico e quello delle aule, il partito nazionale e quello dei territori. E cesserebbe la confusione che oggi non ci fa capire chi comandi davvero e dove, chi sia maggioranza e chi no.