A proposito “di andare a sbattere”

per Andrea Colli
Autore originale del testo: Giovanni Principe
Fonte: Giovanni Principe
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A proposito di “andare a sbattere”

Ci dicono, osservatori delle cose politiche italiane che guardano con simpatia a Possibile, che si dà per certo un accordo tra Fratoianni e Fassina per “far andare a sbattere Civati nei referendum e costringerlo a sedersi intorno ad un tavolo molto ridimensionato”. E ci chiedono perché non ribattiamo e smascheriamo questo boicottaggio ormai evidente.
Certo, ammettono quelli del mondo della carta stampata e della TV, contro di voi è scattata la una consegna del silenzio, micidiale, ferrea. Ma non mancano i canali per farvi sentire e il vostro silenzio non è facile da comprendere.
Il fatto è che con le persone che incontriamo nel nostro cammino – tante, più di quante potevamo immaginare –, il problema che ci si pone è esattamente l’opposto. “Ci piace questa vostra iniziativa, l’idea di partire dal basso, ci piacciono le persone che la portano avanti – ci dicono – ma, per favore, spiegateci come pensate di procedere nella costruzione del “nuovo soggetto politico” della sinistra. Non abbiamo più tempo da perdere e non vogliamo vivere l’ennesima delusione: se pensate che possa nascere da un accordo a tavolino, tra presunti leader, ditecelo subito perché noi non ci stiamo.”
instagram-02Chi si iscrive a Possibile (non una newsletter ma un’associazione con tessera e quota associativa di 15 euro versata tramite bonifico), chi dà vita a Comitati locali (quasi 200 in più di 150 città) conosce la risposta. Lo fa per un obiettivo preciso: registrarsi come socio fondatore per il primo congresso di quello che sarà il nuovo soggetto. Per la prima volta in Italia, dopo 123 anni, un soggetto a sinistra che non nasce né da una fusione né da una scissione ma dal basso, dalle persone che scelgono di associarsi.
Dunque, non rispondiamo perché non corriamo il pericolo di trovarci “ridimensionati” intorno al tavolo di un (ennesimo) accordo tra leader. A quel tavolo, semplicemente, non ci saremo e tutti i nostri interlocutori lo sanno bene.
Ma più ancora perché non abbiamo nessun interesse a entrare in polemica con persone che vorremmo vedere con noi, e AL PARI di noi e di tutti gli altri soci fondatori, impegnati a votare statuto, programmi e dirigenti del nuovo partito.
Che non sarà la coda a sinistra del PD ma quel partito della sinistra che il PD aveva l’ambizione di essere ma non è (e non sarà) più avendo cambiato collocazione, o quello che Italia Bene Comune aveva promesso agli elettori di essere senza la convinzione necessaria nei dirigenti e senza aprirsi alla partecipazione dei cittadini.
Non abbiamo nessun motivo di gioire del fatto che i comitati che Fassina sta costituendo non diano segni concreti di mobilitazione su qualcuno dei tanti obiettivi che gli elettori di sinistra considerano prioritari. E ci dà da pensare il fatto che ne facciano parte iscritti al PD che non manifestano alcuna intenzione di partecipare alla nascita di un nuovo soggetto politico.
Né pensiamo di trarre alcun vantaggio dal fatto che la sinistra PD continui a intestardirsi con i penultimatum cacciandosi in un vicolo cieco da cui diventa per loro sempre più difficile districarsi.
E quanto a SEL sappiamo, come sanno tutti, che l’unanimità raggiunta attorno al tema del “nuovo inizio” nasconde una divisione che non si potrà ricomporre. Perché c’è una parte (non so quanto consistente ma certo influente) che fa appello a Vendola perché assuma la leadership della “sinistra del centro-sinistra” ossia della coda a sinistra del PD. E si fa tentare (come è già successo al drappello di Migliore e ora a Stefàno) dall’idea di tagliare corto e andare a fare la sinistra direttamente dentro al PD. Che fa opposizione al PD in Parlamento ma non crede che sia trasmutato in un soggetto centrista (o partito della nazione) e sta attenta a non oltrepassare il limite oltre il quale diventa impossibile trattare col PD un assessore regionale qua o un sindaco di comune capoluogo là. Come forse accadrebbe con una campagna referendaria contro le leggi di destra che sono il vessillo del PD attuale. Una campagna che, se si raggiungeranno le 500.000 firme prima del 30 settembre, sarebbe concomitante con il voto amministrativo in molti dei centri più importanti e con il referendum confermativo delle riforme costituzionali (se vanno in porto) che ha bisogno, per passare, di una partecipazione ai minimi, all’insegna del “meglio perdere votanti che voti”.

In questa situazione non ci fa piacere che l’altra parte di SEL, che crede in buona fede di dover andare a un percorso nuovo, dal basso, partecipato, non autoreferenziale, taccia di fronte all’occasione persa (per SEL) di partecipare da protagonisti a questa campagna. Registriamo la nascita di comitati di Possibile ad opera di ex iscritti di SEL, intere sezioni, dirigenti provinciali e componenti dell’assemblea nazionale: ma, anche se può confortarci, riconosciamo con amarezza che il percorso in cui contavamo di incontrare SEL e la sua gente era un altro.
Dimenticavo. Il muro contro cui, in questa visione, andremmo a sbattere, quello della scadenza del 30 settembre, non è un muro, ma un confine. Contro cui non si va a sbattere: al più lo si oltrepassa troppo tardi. Allora, immaginiamo pure di dover andare oltre quella data. Che le centinaia di migliaia di firme che senz’altro raccoglieremo stando a quello che sta accadendo finora, non superino la soglia fatidica necessaria per votare nel 2016. Sarà un punto a favore di Renzi, che non avrà tra i piedi, per i prossimi due anni, un voto sulle sue leggi varate “all’insaputa” degli elettori. Ma noi non ci fermeremmo, avremmo comunque realizzato il risultato di mobilitazione che sta già prendendo corpo in queste prime settimane di agosto, così temute, e continueremmo nella raccolta fino all’obiettivo. Ma non credo sia difficile immaginare chi ne uscirebbe davvero indebolito.

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