Fonte: politicaPrima
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di Giangiuseppe Gattuso – 21 novembre 2015
È un argomento sempre attuale e di solito serve a screditare o valorizzare un avversario, un partito, un movimento, una forza politica in genere. La questione, per la verità, non è nuova e ha un qualche fondamento. Si tratta di mettersi d’accordo su cosa significa guidare una città, una regione, una nazione. E, quindi, se c’è bisogno di un professionista, di un manager, insomma di un tecnico per “gestire” la cosa pubblica, o, invece, può bastare la capacità di una persona “normale” e il buon senso.
Non è facile rispondere e le due tesi hanno molti sostenitori e adeguate ragioni contrarie. La cosiddetta modernità ha spinto sempre più verso i tecnicismi, i professionisti della “gestione”, i manager soli al comando, come da sempre avviene per le aziende private e mano mano anche per quelle pubbliche, sempre più attente al mercato e alla competizione. Finanche l’amministrazione di un condominio, pure di non grande dimensioni, è ormai riservata a “professionisti”. Il sorteggio tra condomini e poi a turno l’impegno annuale non è più di moda. Norme complicate e sfiducia collettiva, hanno trasformato la gestione, di per sé molto semplice, in qualcosa di distante da affidare a terzi.
Ma il cittadino comune senza caratteristiche specifiche può assumere ruoli politici, a qualsiasi livello, di governo, legislativi oltre che di guida di amministrazioni grandi e piccole? Ecco, a questo punto c’è bisogno di una breve divagazione sul concetto di democrazia. E perciò cerchiamo di intenderci su cosa vuol dire Politica e partecipazione. Ogni cittadino ha per sua natura insiti i concetti di bene e male, del privato e del pubblico. E, in linea di massima, a prescindere dal livello culturale legato alla scolarizzazione l’istinto dello stare insieme, dell’organizzazione sociale e della necessità di costruire forme per la gestione del bene comune. Partendo dal nucleo sociale fondamentale, rappresentato dalla famiglia nella sua più ampia accezione, è naturale il bisogno di una guida, con il diritto/dovere di decidere, stabilire priorità, dirimere questioni personali e di carattere generale. Ma anche, nel medesimo tempo, di partecipazione per contribuire al miglioramento della società.
In questo senso la “Politica” è semplicemente l’arte del possibile, la capacità di prevedere e guidare i processi di cambiamento e di immaginare il futuro, a breve e a lunga scadenza. E questo ha valore sia dal più piccolo nucleo di comunità e fino al livello più alto e più vasto.
La questione, semmai, da qualche decennio, riguarda la distanza percepita dai cittadini nei confronti della “Politica”, la consapevolezza sempre maggiore della difficoltà di poter incidere in qualsiasi decisione. Insomma, tanto più i “politici” assurgono a specialisti, a tecnocrati abilitati alle decisioni e al potere, allontanandosi per forza di cose dai soggetti nei confronti dei quali operano, e tanto più i cittadini si disinteressano utilizzando l’arma, seppur sbagliata, dell’astensionismo.
Il tema, quindi, riguarda sempre il concetto governanti/governati. La loro interconnessione e la possibilità che lo status di entrambi può essere intercambiabile. O, invece, come si è negli anni configurato, come un rapporto gerarchico e di sostanziale sudditanza.
Si è venuta a creare nel tempo un’organizzazione fatta di partiti spesso gestiti da pochi che hanno creato gruppi oligarchici capaci di sovrintendere ai meccanismi della democrazia attraverso le elezioni. Facendo emergere gruppi elitari convinti di possedere essi stessi le doti tecniche per amministrare, legiferare e governare. Addirittura temendo l’intromissione diretta dei cittadini, negli affari della politica. Un pregiudizio negativo sulle capacità dei loro stessi elettori.
I risultati non si sono fatti attendere e uno dei problemi delle moderne democrazie elettive ha fatto emergere proprio questo senso del distacco e del disimpegno di larga parte della popolazione.
Su queste specifiche problematiche, sulle elezioni, sulla democrazia e la partecipazione vorrò tornare a riflettere. Proprio per capire meglio alcune dinamiche, per individuare altre strade per rilegittimare il principio della rappresentanza elettiva e per il coinvolgimento popolare.
Mi sento di affermare, sin da ora, però, che il tempo per nuove esperienze, per un impegno politico senza confini, senza sovrastrutture e capi padrone sia già nelle cose. E sono perfettamente convinto, che qualsiasi cittadino di buona volontà può e deve poter essere nelle condizioni di gestire la cosa pubblica. Sia essa l’amministrazione di una grande città come di un piccolo comune. Nella piena consapevolezza che le potenzialità dell’individuo sono enormi specialmente se posto dinanzi a responsabilità che riguardano scelte importanti per il futuro suo e dei suoi figli. Alla prossima puntata.
Giangiuseppe Gattuso
21 Novembre 2015