Presidente della Repubblica, un mestiere difficile

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 22 maggio 2018

Comunque vada, si è trattato delle consultazioni più anomale di sempre. Mattarella si è visto recapitare prima il programma e poi il nome del premier; ha faticato a esercitare secondo prassi le proprie prerogative; ha trattato con due forze politiche che hanno trascorso la maggior parte del tempo a scrivere un programma-monstre con tanto di spettacolare presenza sui social e avevano già dichiarato nei giorni precedenti che si sarebbe trattato di un premier ‘esecutore’, a corto raggio, una specie di premier del ‘fare’ senza pensare. Ha quindi riconvocato i presidenti delle camere dopo che gli era stato comunicato il nome del premier prescelto; ha preso tempo e pare, da retroscena, che abbia manifestato tutti i propri dubbi a Di Maio e Salvini con un eloquente: ma siete davvero sicuri? Probabilmente, dal suo punto di osservazione, è forte la consapevolezza del livello di crisi e di sfaldamento delle istituzioni democratiche italiane a partire da quelle di rappresentanza. Più di tutti Mattarella vede gli effetti perniciosi della crisi del sistema dei partiti, che ha ingenerato una situazione politica molto fluida e a forte rischio. Io credo che voglia diffondere le proprie preoccupazioni a tutti gli attori, compresa l’opinione pubblica, rendendo partecipi le altre cariche dello Stato in egual misura. E ciò, prima di dover prendere una decisione finale, incontrare il premier designato e conferirgli un mandato almeno esplorativo, in attesa che sciolga la riserva.

Fa bene, fa male Mattarella a essere preoccupato? Io credo che faccia bene, e svolga in tal modo una funzione di tutela costituzionale importante. Credo pure che, in questo momento, la Presidenza della Repubblica sia l’unica istituzione ancora salda al centro della scena, quella attorno a cui ancora ruota il nostro sistema di democrazia rappresentativa. Se si sfaldasse, agli occhi dell’opinione pubblica sarebbe una tragedia. Immaginatene gli effetti. D’altra parte, come non vacillare dinanzi all’idea che il premier sia considerato un neutrale ‘esecutore’ di un programma già scritto, quando invece per la Costituzione, sulla base della fiducia parlamentare, dovrebbe dirigere a pieno e in totale consapevolezza la politica del governo? Quale autorevolezza politica può discendere dall’essere scelto per ultimo, a giochi fatti, a programmi scritti, a situazione politica già satura? Cosa potrebbe ‘dirigere’ uno che sembra la nottola di Minerva, quella che prende il volo tardi, sul far del crepuscolo? Se tutti fossimo consapevoli di queste difficoltà e di queste contraddizioni, forse il dibattito politico e gli attuali flussi informativi sarebbero di più alto livello, e non ci perderemmo dietro ai curriculum e alla devozione verso Padre Pio del premier designato, ma affronteremmo i nodi scorsoi di un programma di governo irto di contraddizioni e discuteremmo con passione della plateale crisi della sinistra, dello stato della nostra democrazia e di un futuro esecutivo che, con molta probabilità, visti i suoi promotori e il metodo anomalo adottato, creerà più problemi di quanti non saprà risolverne.

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