Intervista a Adriano Prosperi di Ilaria Bonaccorsi Gardini
Cosa spinge un celebre storico come Adriano Prosperi a candidarsi alle Europee con Tsipras? Lo abbiamo chiesto al diretto interessato
Certo la notizia che uno storico come Adriano Prosperi, uno dei massimi studiosi dell’Inquisizione e compagno di viaggio di left da anni con la sua rubrica “il taccuino”, decida di candidarsi per la Lista Tsipras alle prossime elezioni europee ci ha sorpreso non poco. Non potevamo non chiedergliene “conto”.
Una candidatura che fa effetto. Nata dall’«esigenza di occupare uno spazio politico al momento assente in Italia, per rilanciare una battaglia per un’Europa radicalmente diversa dall’attuale», ha scritto. Ci racconta come è andata?
è nata per caso. La definirei una candidatura preterintenzionale. E non varrebbe la pena di occuparsene, a parte la generosa ospitalità di left, se non come sintomo della gravità della situazione . Che cosa può spingere nel gioco elettorale un uomo di scuola e di studi che ha passato la sua vita tra libri e aule universitarie? Basta guardarsi intorno. I galli della politica si beccano nel pollaio italiano: intanto, a due passi da noi tornano i carri armati russi – verrebbe spontaneo dire sovietici – e schiacciano le speranze di un Paese che si era fidato dell’Europa. Nella Crimea di Cavour e di Tolstoj torna la guerra. E non è la prima di cui siamo impotenti spettatori. Anche le speranze di noi italiani si erano accese per l’Europa e quando ci siamo entrati è stata una festa. Ci aspettavamo più diritti, più libertà, crescita civile e politica. Oggi la parola Europa significa fare i conti con gli euro – pochi per i molti e moltissimi per i pochi. Non è questa l’Europa che volevamo. Bisogna riprenderla in mano, occuparsene, cambiarla. Ma veniamo al mio microscopico caso. La discussione che è nata dalla proposta della Lista Tsipras mi è sembrata una boccata d’aria. Quando Paolo Flores d’Arcais mi ha telefonato per chiedermi a bruciapelo se ero disposto a mettere anche il mio nome in lista, ci ho pensato un po’. Il mio nome è poca cosa: non nel senso che io non ci tenga – ci tengo molto, naturalmente, come tengo molto alla quiete del lavoro di insegnante e di studioso che ho avuto il privilegio di fare. Insomma, il nome era tutto quello che potevo dare. E così l’ho messo a disposizione.