Il Premier con il trucco nella scheda elettorale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 23 settembre 2016

La scheda elettorale diventa un depliant

Questa pare sia la scheda che verrà proposta agli elettori per il referendum costituzionale. Immagino che ci abbia lavorato Jim Messina, o qualche agenzia di comunicazione di fiducia, magari lo spin stesso del premier oppure il copy che si occupa dei suoi depliant. Perché si tratta di una scheda-manifesto, di un pezzo di comunicazione che eccede ogni formalismo tecnico-giuridico. La sua formulazione, che renderà quasi ovvio il ‘Sì’ per molti cittadini, è una specie di esca, proprio come un claim pubblicitario lo è per indurre i consumatori all’acquisto di un formaggino o di un detersivo. Avranno persino scomodato Lakoff, perché fa trendy. Si tratta, in fondo, dello stile commercial applicato alla Costituzione, tant’è che mi aspetto prima o poi anche degli spot durante le conferenze stampa a Palazzo Chigi (già oggi, perlatro, si riceve la Merkel alla Ferrari con tanto di marchio sovraesposto). È una scheda che punta davvero tutto sullo spin, sullo stile del messaggio pubblicitario, e sembra davvero nata in un laboratorio di scrittura creativa associato allo staff di comunicazione di qualche azienda.

È una scheda che indica con brevi locuzioni ‘che cosa’ il governo vuole, vorrebbe o avrebbe voluto fare. Dice ‘che cosa’, però, non dice ‘come’. Ed è qui l’inganno. Perché io posso ridurre i costi della politica in tanti modi (ammettendo che questo sia davvero l’obiettivo). Posso ridurre il numero dei parlamentari, se lo volessi, in tante maniere differenti. Così come posso revisionare il Titolo V in modalità anche opposte tra loro: centralizzando o decentrando. A rigore, potrei anche formulare il quesito così: “Approvate la legge di revisione costituzionale che rende tutto più bello, più semplice e più risparmioso?”. Ma in tutti questi casi io avrei, comunque, interpretato male il mio compito, che è poi il compito della politica, e quindi anche il senso profondo del confronto referendario. Perché? Perché la politica non risponde solo alla domanda ‘Cosa’, ma soprattutto alla domanda ‘Come’. La politica non è solo un complemento oggetto, è invece e soprattutto un complemento di modo o maniera. Se non fosse così, ogni mezzo sarebbe lecito, indifferente al ‘cosa’.

Per dire, voglio il monocameralismo? Benissimo, sopprimo con la forza la Camera Alta. Voglio una svolta politica? I cittadini sono d’accordo? Bene, sostengo uno sciopero dei camionisti che blocca il Paese per mesi e poi dò l’assalto al Palazzo della Moneda. Ecco due casi estremi di scissione tra ‘cosa’ e ‘come’. Prendiamo, allora, il caso più pacifico offerto da questo referendum. Il ‘cosa’ è il superamento del ‘Bicameralismo paritario’, così viene detto da Jim Renzi-Messina. Ma il ‘come’ è la nascita di un Senato che non è né carne né pesce, che decide anche su questioni costituzionali pur essendo un dopolavoro di sindaci e consiglieri. Questo sulla scheda non c’è, non compare, si dice solo il titolo del tema, ma non lo svolgimento. Non ci sarebbe spazio per farlo? Benissimo. Ma lo spazio è prima, è la campagna elettorale, lo spazio dell’agorà e del confronto. E dunque sulla scheda è sufficiente, dal punto di vista della legittimità formale del quesito, indicare se si approva o meno la revisione costituzionale, fornendo allo scopo gli estremi di legge. Secondo tradizione. Punto. Perché andare oltre ciò è una specie di truffa, come ho provato a dimostrare. È la sostituzione della scheda elettorale con un depliant o uno spot.

E allora, siccome il ‘come’ non c’è e a molti, peraltro, non piace (così come non ci piacciono neanche i titoli del tema, a partire dal risparmio sui costi della politica), allora i comitati per il ‘No’ facciano una bella campagna a spiegare il modo confuso, raffazzonato, opaco, contraddittorio con cui il governo ha messo in atto, nel nuovo testo costituzionale, tutti quei suoi ‘cosa’. Facendo cifre, spiegando quanto sarebbe il presunto risparmio, e come quel risparmio ci riconsegna, successivamente, un Senato umiliato. Spiegando che risparmiare sui costi della politica, vuol dire risparmiare sui costi della democrazia rappresentativa indebolendola; che meno rappresentanza vuol dire, in questa revisione, un pasticcio anche linguistico; che potenziare l’esecutivo (quale conseguenza di una sola Camera ‘fiduciaria’, a seguito anche dell’esistenza di una pessima legge elettorale con premio maggioritaria) vuol dire stringere il potere in spazi sempre più piccoli e di vertice; che se tu concedi troppo all’esecutivo, e sempre meno alla rappresentanza parlamentare, alla fine il premier si sentirà pure autorizzato a ‘narrare’ quel che vuole ai cittadini, tanto la Camera maggioritaria è pronta a ratificare buona buona tutto quello che le verrà somministrato. Insomma, con i contrappesi e la rappresentanza ridotti al minimo sindacale o pasticciati alla cieca, va a finire che il messaggio che parte sia solo relativo al ‘cosa’ (a ‘cose’ sempre più demagogiche o ‘narrate’) e, in futuro, più nemmeno a quello. E nel frattempo il ‘come’ è già scomparso. Questa scheda, per dirla tutta, è già un anticipo di quello che verrà se prevarrà il Sì. Meditate gente, meditate (cit.)

All’ultimo referendum confermativo di una modifica costituzionale, quello del 2006, la scheda era così:

scheda

A quello precedente, nel 2001, era così:

Schermata 2016-09-23 alle 09.52.43

A questo giro, ha fatto sapere Renzi su Twitter, sarà invece così:

xd

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1 commento

michelangelo orsino 25 Settembre 2016 - 10:22

bugiardo infame …. farai una brutta fine … dopo il referendum in qualsiasi comune d’italia andrai ti riempiranno di sputi

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