Posti in piedi nel Pd, partito neo padronale

per Gabriella
Autore originale del testo: Michele Prospero
Fonte: Il Manifesto

Michele Prospero, il Manifesto 8 febbraio 2015

Con il pas­sag­gio ormai quasi com­pleto dei par­la­men­tari di Scelta civica nelle fila del Pd si rag­giunge una signi­fi­ca­tiva tappa nella navi­ga­zione del sistema poli­tico. Renzi ormai è una cala­mita attrat­tiva che assorbe un arco di forze ete­ro­ge­neo, che va da Ver­dini a Migliore. Dinanzi a que­sto vistoso scon­fi­na­mento, si tratta solo di chia­rire se è il Pd che si amplia, in virtù di una nuova voca­zione ege­mo­nica, o se non è invece Scelta civica che, pro­prio dile­guan­dosi, svela che il ren­zi­smo aiuta il defi­ni­tivo com­pi­mento della sua ori­gi­na­ria mis­sione di par­tito neo­pa­dro­nale. Crea­tura della flac­cida volontà di potenza di Monti, Scelta civica si insi­nuava nel solco delle for­ma­zioni poli­ti­che per­so­nali, così abbon­danti nel corso della seconda repub­blica. Con delle spe­ci­fi­che con­no­ta­zioni, però. La lista era il frutto della mani­fe­sta­zione di avi­dità poli­tica dei poteri forti che rinun­cia­vano alla loro tra­di­zio­nale tat­tica di influen­zare spez­zoni di diversi par­titi, senza però alle­stirne uno in pro­prio, con il rischio di raci­mo­lare solo magri frutti nel mer­cato elettorale.

 Die­tro le armate di Monti si com­piva una bru­tale sem­pli­fi­ca­zione dell’antico cen­tro pre­si­diato con cura da Casini. Con le prove di sfon­da­mento con­dotte prima da Mon­te­ze­molo, e poi rin­sal­date con le ope­ra­zioni di occu­pa­zione gui­date da Monti, si ordi­nava la destrut­tu­ra­zione dell’area mode­rata. Il vec­chio cen­tro cat­to­lico non aveva più ragione di esi­stere nella sua auto­no­mia (con­tro di esso ven­nero non a caso get­tati in pista figure come Oli­ve­rio, Dal­lai, con l’avallo di alte o medie gerar­chie). Il mondo cat­to­lico era desti­nato a por­tare in dote i voti resi­dui al dise­gno dei poteri forti che in vista dell’appuntamento del 2013 entra­vano in ballo con una dop­pia bocca di fuoco: la prima a soste­gno della prova di bona­par­ti­smo tec­no­cra­tico ten­tata da Monti (prima va al potere, con gra­zia rice­vuta dal Colle, e poi va alla ricerca dei voti); la seconda, viste le insor­mon­ta­bili dif­fi­coltà espan­sive del boc­co­niano cavallo poco di razza, a dispo­si­zione di Grillo, cele­brato dai media per strap­pare deci­sive por­zioni di con­senso a Ber­sani e Ven­dola.

Il tec­nico e il comico erano le due figure spe­cu­lari che i poteri forti (il Cor­riere, Sky, la Sette) acca­rez­za­vano per deter­mi­nare un pareg­gio alle urne e sbar­rare così la strada ad una sini­stra scru­tata come troppo legata ai colori inquie­tanti del pas­sato. Il pro­getto è stato cen­trato in pieno. Non è un caso che figure come Men­tana o Galli della Log­gia siano pas­sati rapi­da­mente dalle sim­pa­tie per il comico geno­vese all’innamoramento totale verso Renzi. Quello che per loro con­tava era can­cel­lare ogni resi­dua trac­cia di rosso nella sto­ria repub­bli­cana. E lo sta­ti­sta nato sulle rive dell’Arno è la prov­vi­den­ziale con­giun­zione dei diversi sen­tieri che si erano aperti per abbat­tere le vel­leità di governo di una sini­stra «neosocialdemocratica».

 Con la scon­fitta del 2013, il Pd ha subito una meta­mor­fosi com­pleta. Dalle vel­leità di ricol­lo­carsi in uno spa­zio più chia­ra­mente di sini­stra, deve acca­sarsi nelle paludi di un mode­ra­ti­smo dal volto neo­pa­dro­nale. Con Ichino, la Lan­zil­lotta rien­trano agli ordini del Naza­reno per­so­na­lità che erano fug­gite per­ché in disac­cordo con una virata a sini­stra mal dige­rita. L’operazione, gestita in per­fetto stile tra­sfor­mi­sta, trova però una giu­sti­fi­ca­zione sostan­ziale nell’operato del governo Renzi che ha, sul piano sociale e sin­da­cale, mostrato un’anima libe­ri­sta che tanto piace a Ichino ed altri pro­feti dell’abbattimento bru­tale del diritto del lavoro.

Con il soc­corso delle fre­sche truppe di Ichino e Migliore fini­sce anche la vel­leità della mino­ranza Pd di fic­care qual­che graf­fio nel volto sem­pre ridente del con­dot­tiero di Rignano. Con i ritro­vati del tra­sfor­mi­smo, Renzi diventa un capo par­la­men­tare che taglia e incolla i per­so­naggi ambi­gui, pronti a dare un soste­gno alla sua lea­der­ship. La mino­ranza del Pd viene così resa inof­fen­siva e paga le sue esi­ta­zioni stra­te­gi­che. Invece di andare all’assalto fron­tale quando il governo rom­peva la cul­tura dei diritti, strac­ciava il legame con il lavoro e sbef­feg­giava vol­gar­mente la Cgil, ha pre­fe­rito for­mu­lare fra­gili pro­po­ste di media­zione e infine alzare inno­cui segnali di fumo nella bat­ta­glia molto meno sim­bo­lica e diri­mente sul voto di pre­fe­renza. Un disastro.

 Nei con­flitti poli­tici, chia­riva Locke, non si deve met­tere in campo una «fit­ti­zia resi­stenza», quella del tutto inno­cua di chi con timore chiede al nemico il «per­messo di col­pire». In ogni con­flitto, che «livella le parti», occorre una netta deter­mi­na­zione nel dare «colpi sulla testa e tagli sul viso». Al cospetto del boy scout spre­giu­di­cato che intro­ietta alla per­fe­zione le armi distrut­tive pre­di­spo­ste dal dia­bo­lico fra­zio­ni­smo demo­cri­stiano, la mino­ranza di sini­stra ha mostrato un disarmo pre­ven­tivo. E ora rischia di essere schiac­ciata dalle prove di lea­der­ship che si con­so­lida gra­zie alle risorse di un tra­sfor­mi­smo post­mo­derno che acchiappa ex gril­lini ed ex super­stiti dell’avventura di An.

Con gli spo­sta­menti di Scelta civica sono ormai quasi 200 i par­la­men­tari che hanno cam­biato casacca in meno di due anni. E que­sto, oltre che uno ste­rile pro­blema di deca­denza etico-politica, sol­leva anche que­stioni di ordine isti­tu­zio­nale. L’attuale geo­gra­fia del par­la­mento (fuga dal M5S e da Sel, disar­ti­co­la­zione di Forza Ita­lia, assor­bi­mento di Scelta civica) non cor­ri­sponde più alle pre­fe­renze elet­to­rali. Oltre che inco­sti­tu­zio­nale, il mec­ca­ni­smo elet­to­rale ha costruito un sistema non più rap­pre­sen­ta­tivo. Forse avviare le pra­ti­che per uno scio­gli­mento anti­ci­pato della legi­sla­tura non è poi una idea così malsana.

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1 commento

Maria Voglino 8 Febbraio 2015 - 16:53

É giusto andare a votare con la legge scritta dalla corte costituzionale

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