Pollice verso. La politica ridotta ad arena dove il popolo fa da giudice come al Colosseo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 6 luglio 2016

Anche stavolta la risposta di Renzi è stata la stessa: chi vince comanda. Anche stavolta la politica è stata ridotta a scontro plateale, affinché il vincente possa impugnare lo scettro di comando e chi s’è visto s’è visto. E così possa decidere senza lacci e lacciuoli. È tutto qui, nella sostanza, il senso della direzione PD del 4 luglio scorso. Tutto ciò che appaia come mediazione, dibattito, confronto e che unisca invece di dividere astrattamente, viene rigettato come zavorra, come inciucio, come complotto, come ‘conteugolinismo’. Come farebbe un pessimo giardiniere intento a potare piante, la politica è sfrondata rozzamente, quasi alla cieca, ridotta a un tronco striminzito di muscoli, senza alcun ramo grazie al quale unire dialetticamente punti di vista discordi invece di scatenare lo scontro come accade sul ring.

Il premier è sempre più l’epifenomeno della crisi della politica, il suo effetto peggiore. L’uomo che più di altri ha contribuito a far dissolvere in via definitiva il sistema dei partiti, ritenendo che il male fosse lì. L’uomo che ha ritenuto l’appello al popolo (le primarie, i referendum, gli annunci mediatici) il vero atto fondativo di una politica ‘nuova’, così composta: c’è il Capo eletto alle primarie aperte che ‘ci mette la faccia’, annuncia in streaming al popolo mediatico cosa fare, rivendica di seguito e noiosamente i propri striminziti ‘zero virgola’ in più, e poi manifesta la sua ‘ira’ se gli altri (sono sempre gli altri a sbagliare) fanno fallire i suoi perfettissimi piani. Formula semplice, in fondo, altro che la complessità del sistema dei partiti, dove subentravano concetti ‘astrusi’ come cultura politica, mediazione, dibattiti, congressi veri, ramificazione territoriale, soggettività politica, rappresentanze istituzionali. Tutta inutile robaccia se confrontata con la politica smart rivendicata ancora una volta in direzione PD.

Privare la politica di mediazione è come accendere la miccia di una bomba già innescata. Prima o poi verrà giù il finimondo che travolgerà le democrazie così come noi le conosciamo. Prima o poi l’elettorato e il popolo sovrano, reagiranno in termini diretti e per le vie brevi agli apprendisti stregoni. La Brexit è solo un esempio, per quanto forte. La crisi di rappresentanza, a cui si è risposto da pazzi con l’ultramaggioritario, diventa crisi politica, quindi crisi istituzionale, infine si spalanca il baratro democratico. L’abbiamo già visto un centinaio di anni fa, e temo che si possa tornare a vederlo se lo schema attuale, che vede il Capo contro tutti, non subirà delle energiche modifiche. Oggi Paolo Franchi nell’editoriale di Corsera-Roma spiega tutto ciò con un’analisi che una volta sarebbe stata banale, lapalissiana, ma che oggi appare davvero incomprensibile ai nuovi leader.

La politica è in crisi, dice Franchi, non solo perché non risponde più alle domande della società. È in crisi perché non sa più costruire, organizzare, selezionare quelle domande secondo un’idea, una proposta, un progetto. È in crisi perché non ci sono più partiti radicati che ‘mediano’ e interagiscono con i cittadini. E dunque ‘rispondono’ attivamente a quelle domande, senza fare da megafono, senza farle ‘esplodere’ magari per mero tornaconto politico o (peggio) personale. Questo carattere di ‘mediazione’ e di progettazione della politica è scomparso, lasciando campo libero alle spinte economico-corporative, che stanno ormai dilaniando lo Stato. Non solo. Il plebiscito, il referendum, la chiamata del popolo sono l’unico programma politico di certi leader, sono il martello che viene impugnato per sfasciare tutto (cominciò coi picconatori, ricordate?), per ridurre il parlamento a strumento dell’esecutivo, per cancellare il principio di rappresentanza invece di RICOSTRUIRLA DAVVERO UNA RAPPRESENTANZA. Mi chiedo se non fosse proprio questo il mandato di Renzi e se le famose riforme non fossero altro che fare piazza pulita, a tutto vantaggio di altri, quelli che verranno dopo di lui. Me lo chiedo e rispondo sempre più affermativamente.

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