Politica minor e politica di lungo corso

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 16 settembre 2017

La pressione esercitata in queste settimane su Pisapia ha portato allo scoperto qualche contraddizione politica. I ‘renziani’ di Campo Progressista si sono dichiarati a favore di un’alleanza necessaria con il PD, manifestando tutta la loro contrarietà al rapporto con Articolo 1. Dicono esplicitamente che la manifestazione del 1° luglio è stata una jattura, e che non c’è alternativa al rapporto privilegiato, monopolistico con Renzi. Tra questi c’è il Sindaco di Cagliari Zedda, ex SEL. Se le pressioni non ci fossero state, se si fosse escluso sin dapprincipio un contatto con i pisapiani, tutto questo non sarebbe accaduto. Ce lo insegnavano i nostri padri politici, ed è più o meno quello che sta facendo Fratoianni con Articolo 1, invitandolo a votare pregiudizialmente contro la manovra di bilancio, inducendolo così a rompere di fatto con Campo Progressista che vorrebbe invece incalzare Gentiloni su alcuni punti precisi. In questo modo lo stesso Fratoianni eviterebbe di affrontare a sua volta il tema del rapporto con Pisapia, in vista del passaggio ineludibile del listone elettorale.

Si tratta ancora di politica minor, di tatticismi prodotti in assenza di un vero disegno politico, ossia questo: unificare le forze di sinistra, di centrosinistra, progressiste in genere in un progetto ampio, plurale che assembli in un progetto organico le forze che non si riconoscono nel PD renziano. Un progetto che spazi in un arco politico e sociale rivolgendosi a forze riformiste e radicali, nell’intento di fare un vero partito del lavoro, con contenuti di uguaglianza, giustizia sociale, sviluppo, diritti, democrazia e con un occhio speciale verso il mondo del lavoro e quello della scuola e della cultura. Un partito che rinnovi il problema della leadership, che non cerchi un Capo, un uomo forte, che decida lui tutto nel silenzio del partito stesso. Ma pensi a portavoce, a coordinatori, che dunque non debbano essere solo un prodotto finale, ma da subito possano svolgere un compito di coordinamento e di testimonianza. Senza considerare che la fase costituente potrebbe aprirsi in un modo e chiudersi in un altro, com’è normale che sia nei processi democratici.

(Le cose che dovrebbero essere chiare a tutti dovrebbero essere le seguenti, a mio parere:

1) la sinistra è debole e non è autosufficiente sul piano della proposta di governo, tanto più oggi che è ridotta a poche percentuali;

2) ogni volta che la sinistra è contata qualcosa in questo Paese è stato quando ha intrattenuto rapporti positivi con i cattolici democratici e con quella tradizione in genere. Lo raccomandava Togliatti, lo suggeriva Berlinguer col compromesso storico, era il senso del progetto dell’Ulivo, di cui D’Alema fu artefice con Prodi. Ecco.)

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