Bollettino dei decessi di un normale giorno in Italia:
15 morti da incidente stradale. La curva non accenna a scendere, facendo pensare che anche quest’anno si chiuderà intorno ai 5.000 morti, di cui il 15% giovani fra i 15 e i 24 anni e 242.000 feriti.
500 persone sono decedute a causa di tumori. Anche in questo caso la curva non sembra abbassarsi confermando la previsione di circa 180mila morti per fine anno.
660 morti oggi per malattie cardiovascolari, confermando quindi il trend che si assesterà per fine anno intorno ai 240mila morti.
Immaginiamoci che ogni giorno il Ministero della Salute o la Protezione Civile ci forniscano, oltre il resoconto dei nuovi casi, dei guariti, dei ricoverati e dei morti da Covid-19, la conta dei deceduti delle altre patologie che colpiscono la popolazione italiana.
Forse diventeremo tutti più consapevoli della vera realtà epidemiologica del Paese, e forse capiremmo che tante di queste morti potrebbero essere evitate se esistessero seri interventi di promozione alla salute e di prevenzione alle malattie.
Il Ministero della Salute ha redatto il Piano Nazionale per la Prevenzione 2020-2025 che punta tutto su un riorientamento del sistema di prevenzione in chiave di un maggior coordinamento tra i vari attori in campo e integrazione delle politiche.
“Anche alla luce delle recenti esperienze legate alla pandemia da COVID-19 – si legge nel Piano – e in un contesto di conseguente crisi economica, è necessario che il SSN si ponga nuovi obiettivi organizzativi del sistema in cui esprimere i valori professionali dei diversi operatori. È indispensabile programmare e progettare sempre più in modo integrato e in termini di rete coordinata e integrata tra le diverse strutture e attività presenti nel Territorio e gli Ospedali, i quali se isolati tra di loro e separati dal territorio che li circonda non possono rappresentare l’unica risposta ai nuovi bisogni imposti dall’evoluzione demografica ed epidemiologica”.
In questo senso “il PNP 2020-2025 rafforza una visione che considera la salute come risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente che, riconoscendo che la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono interconnesse, promuove l’applicazione di un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente-animali-ecosistemi”.
“La riduzione delle principali disuguaglianze sociali e geografiche rappresenta una priorità trasversale a tutti gli obiettivi del Piano, che richiede di avvalersi dei dati scientifici, dei metodi e degli strumenti disponibili e validati, per garantire l’equità nell’azione, in una prospettiva coerente con l’approccio di “Salute in tutte le politiche”.
Lo svantaggio sociale – si legge nel Piano – rappresenta il principale singolo fattore di rischio per salute e qualità della vita. Le persone, le famiglie, i gruppi sociali e i territori più poveri di risorse e capacità sono anche più esposti e più vulnerabili ai fattori di rischio che sono bersaglio del Piano e ai fattori di stress che minano la resilienza delle persone, soprattutto nelle finestre temporali cruciali per il loro sviluppo (es. infanzia e adolescenza)”.
Tutte belle parole e buone intenzioni però lo stanziamento previsto dall’intesa Stato Regioni resta quello del 2005, vale a dire 200 milioni annui vincolati all’interno del budget del Ssn. Quindi aumentano compiti e obiettivi ma non i finanziamenti.
Insomma, per intenderci, lo Stato, ancora una volta non mette un euro in più per la prevenzione.
Mino Dentizzi