Piange il citofono- ascolta sono il cittadino Salvini

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Citofonare Salvini

Il Capo al citofono è l’estremo volto del populismo contemporaneo: non è più solo un filo diretto mediatico a garantire un rapporto stretto col “popolo”, ma un citofono, uno strumento tecnologico di massima prossimità domiciliare, quasi il vis a vis. E poco importa che tutto avvenga perché una signora qualsiasi denunci un tunisino per spaccio al ‘cittadino’ Salvini, proprio mentre le telecamere riprendono l’evento: resta il fatto in se stesso, su cui sociologi, politologi e massmediologi dovranno riflettere. Il potere, il vertice del potere, il leader, la ‘persona’ che incarna un partito o una fazione non si limita più a mostrarsi in tv o nelle dirette fb. Adesso è qui, è fuori la porta, vuole entrare, vuole vedere quello che fai e se rispetti le leggi (perché chi sei già pretende di saperlo). Con una sommarietà che dovrebbe più che preoccupare. Non fatevi ingannare dalla denuncia di spaccio, dal fatto che quello, secondo vox populi, sarebbe uno spacciatore. Si comincia sempre, come sapete, da un fatto circostanziato e dai più deboli, e poi si è giustificati a farlo per estensione analogica con chiunque, per primi gli avversari politici.

La citofonata questo vuol dire: che il potere è lì, a due passi e chiede conto. Si badi, non le forze dell’ordine, il cui mestiere è la difesa dei cittadini dai malviventi, secondo le regole e le tutele imposte dalle leggi, no. Io dico proprio il potere-potere, quello del leader politico che si intrufola nella tua vita, che ti pressa, che ti controlla, che ti ACCUSA di persona, che ti suona al citofono, che celebra un processo in piazza dicendo il tuo nome, esibendo arroganza e sarcasmo dinanzi alla TV. Cade la barriera ultima, quella dello Stato di diritto, per la quale nessuno può metterti alla gogna, né esibirti come colpevole, tanto meno decidere della tua sorte nel totale spregio della Costituzione. Ripeto, oggi si tratta del tunisino, domani sarai tu, secondo un modello storico più volte sperimentato. Già immagino gruppi di ragazzotti che girano nel quartiere a citofonare, secondo l’esempio del Leader, o peggio. Già vedo processi in piazza. Già scorgo torme di cittadini pronti ad accusare chiunque, a partire dai più deboli, perché nessuno di questi bellimbusti andrebbe mai a citofonare a un malvivente vero. Mi aspetto, anzi, la riverenza e il sussiego.

Non solo. Qui la politica cade davvero nel punto più in basso, assumendo a modello il marketing commerciale, quello dei call center che ti chiamano a ogni ora, della privacy violata a tua insaputa, della proposta di acquisto che ti perseguita sino alla sfinimento. La politica come un commercial, questo è anche il senso del salvinismo citifonico. Vendere le proprie idee come saponette o patatine, è pure questo pure il significato del gesto del Capo. Una sorta di commesso viaggiatore della politica, uno che ti citofona per venderti padelle. Ha cominciato Berlusconi, prosegue Salvini. C’è un filo rosso a legare decenni di devoluzione politica. C’è un Grande Fratello che ti guarda dalla tv, anzi ti convoca dal citofono! Ci sono spettri e fantasmi che sembrano sbucare da sotto il letto e dai cassetti. Non è questo che vogliamo. Ma la partecipazione consapevole, organizzata, le associazioni democratiche, gli organismi collettivi, le istituzioni rappresentative, ogni forma di collaborazione, militanza, volontariato e attivismo, ogni aula parlamentare o consiglio municipale dove il cittadino (lavoratore, pensionato, studente) non si senta solo e pedinato, ma un soggetto che accanto ad altri e nel rispetto reciproco chiede di avere voce e titolo democratico a partecipare alla vita dello Stato. Questa è la differenza tra essere braccati e partecipare attivamente, essere oggetti ed essere soggetti, vedersi puntare un dito indosso oppure sentirsi tutelato dalla Costituzione. Sono modelli di società che si scontrano, la destra da una parte, la sinistra dall’altra. È semplice.

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