Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 13 aprile 2015
Antonio Sciotto sul ‘Manifesto’ lo ha spiegato con poche ed efficaci parole: “Cosa sia questo ‘tesoretto’, e come sia saltato fuori, è presto detto: è equivalente allo 0,1% di deficit che il governo ha deciso di utilizzare, scegliendo di confermare per quest’anno il 2,6%, anche se avrebbe potuto – coerentemente con le previsioni del passato – tenersi sul 2,5%”. Il tesoretto è un deficit, insomma. I cui interessi non li paga Renzi, ma li pagano gli italiani (anzi l’Azienda Italia, come dicono i padroni). Scegliendo di confermare il 2,6% (visti i margini di flessibilità concessi dall’UE – ed ecco perché Renzi si batteva per quei margini), il Governo si è tenuto in tasca, nella propria disponibilità, un bel pezzo di deficit, lo ha chiamato ‘bonus’ e adesso è pronto a farci il regaletto. Che proprio un regaletto non è. Perché questo dono non è donato, ma acquistato con la finanziaria, e noi lo paghiamo a rate con gli interessi. Così, non solo non dovremmo dire grazie a nessuno, ma dobbiamo anche accingerci a pagare le cambiali. Ha ragione Renzi, non lo chiamate ‘tesoretto’, perché non lo è, chiamateli ‘buffi’, come si dice a Roma, ‘farfalle’, cambiali, debiti. Non è di certo un ‘dono’, perché dovrete pagarlo salatamente.
Peraltro, siamo così a ridosso delle elezioni regionali che il bonus è chiaramente un ‘incentivo’ elettorale. Siccome, però, siamo pure un po’ in anticipo (le scadenze del DEF purtroppo non sembrano collimare con le prossime campagne), si deve attendere tanticchia, fare melina, creare suspense, tenere caldo il metallo da battere. Intanto sale la febbre e tutti sembrano partecipare al ‘giochino’ del bonus al popolo con proposte bizzarre o meno. Al di là di ciò, sembra altresì evidente che il finanziamento pubblico non è stato affatto abolito, o meglio ha appena cambiato natura: non va ai partiti, né come rimborso elettorale. È diventato un’arma in più per il governo, che crea dal nulla (anzi dal deficit) dei bonus elettorali ad hoc e li lancia al popolo, come fossero delle scarpe destre (in attesa che il risultato favorevole liberi il successivo lancio delle scarpe sinistre). Perché, si sa, al popolo bisogna lanciare caramelle dai balconi, certo caramelle molto costose, che pagheranno i popolani dopo, ma poco importa. È la stessa filosofia di Petrolini che impersona Nerone, in fondo. Roma brucia e lui blandisce il popolo dal balcone, ma intanto si rivolge ai suoi e spiega: “il popolo è ignorante… vo’ li quatrini…”.