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di Luca Billi – 20 marzo 2016
Per alcuni di noi lo stipendio, qualunque ne sia l’entità, adeguato o insufficiente a seconda delle nostre necessità, proporzionato o meno al lavoro che facciamo, è comunque qualcosa che arriva in maniera regolare, ci viene accreditato direttamente sul conto corrente sempre lo stesso giorno ed è, più o meno, sempre lo stesso ogni mese. In sostanza, a fronte del nostro lavoro, per una serie di leggi e di accordi, ci viene dato mensilmente un certo salario, che è tutelato e garantito proprio da questo sistema normativo. La storia del movimento dei lavoratori è appunto la storia della progressiva conquista di queste leggi e di queste tutele. Dal momento che noi godiamo di queste leggi, senza essercele conquistate come hanno fatto le generazioni precedenti alla nostra, troppo spesso ci dimentichiamo che per molte persone questa non è la condizione normale. Questo non sapere, questa mancanza di consapevolezza, crea un divario non solo economico tra noi che riceviamo un regolare salario e quelli che non hanno questo diritto, ma segna una cesura, che finisce anche per rappresentare un limite di comunicazione: parliamo due lingue differenti e così non ci capiamo. Naturalmente il fatto che non ci parliamo è un grande vantaggio per i nostri nemici, che sfruttano queste divisioni per tenerci sempre più in soggezione.
Nella lingua di quelli che non ricevono un regolare stipendio negli ultimi anni è entrata con prepotenza la parola voucher. Per molte persone ricevere lo stipendio significa che il tuo datore di lavoro – per dirla in maniera corretta – o il tuo padrone – come preferisco dire io – viene lì e ti dà un buono, un voucher appunto, che a lui è costato 10 euro e che per te ne vale 7,5. Nel 2015 sono stati staccati 115 milioni di questi voucher e si calcola che siano oltre un milione e mezzo, in tutta Italia, i lavoratori che vengono pagati in questo modo. Se non ci mettiamo in relazione con questi lavoratori, se non capiamo quello che succede a quel nostro collega – che spesso fa il nostro stesso lavoro, ma viene pagato in questo modo – allora siamo destinati davvero alla sconfitta, perché lui ci considererà per sempre come dei privilegiati, solo perché prendiamo lo stipendio, e noi non capiremo perché, nonostante tutto, non voglia partecipare alle nostre lotte, e magari preferisca votare per Trump piuttosto che per Sanders.
Il sistema dei voucher è qualcosa di ancor più pericoloso dell’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, perché scardina del tutto il rapporto tra padrone e dipendente, perché mette chi riceve il voucher in totale balia del suo padrone. Formalmente quel voucher rappresenta il salario per un’ora di lavoro, ma di fatto non c’è nulla che garantisca questo rapporto, solo il buon cuore del padrone, che come noto, è molto meno ascoltato del portafoglio. Io ti dò un voucher e tu devi lavorare un’ora, due, tre, tutta la sera, oppure devi cucire un certo numero di maglie o raccogliere una certa quantità di frutta o pulire un certo numero di camere. Il voucher reintroduce nel rapporto di lavoro il cottimo, senza alcun controllo. E naturalmente chi riceve i voucher non ha alcun altro diritto: se ti ammali non lavori e non ricevi il voucher, punto e basta.
Questo sistema era nato per regolare i rapporti di lavoro davvero occasionali, come uno strumento per far emergere il lavoro nero – e recuperare un po’ di contributi previdenziali – per quei ragazzi che danno le ripetizioni o fanno i baby-sitter, o per quei pensionati a cui chiediamo di sistemare il giardino. Invece è diventato qualcosa di molto diverso e ormai è la forma di retribuzione abituale per chi lavora nell’agricoltura e nell’edilizia. E davvero non credo che valga l’adagio fatta la legge, trovato l’inganno. In questo caso la legge è stata fatta proprio per creare l’inganno, per far aumentare il lavoro nero, per favorire i padroni e per rendere i lavoratori sempre più poveri e deboli. I governi, complici dei padroni, hanno da un lato creato una massa di persone povere e disoccupate, disposte ad accettare ogni tipo di lavoro, e hanno escogitato questo sistema dei voucher per far sì che i padroni possano evadere le tasse e avere a disposizione una forza lavoro debole, ricattabile, pronta ad accettare non un vero e proprio salario, ma la carità di un voucher.
Il lavoro in Italia sta diventando questa schifezza, anche per colpa nostra, perché per troppi anni abbiamo creduto nel mito della flessibilità, perché ci siamo convinti che un sistema fosse più forte quanto più era dinamico, e abbiamo votato per personaggi che, fingendoci di far crescere l’economia, hanno solo favorito i padroni, hanno tutelato i loro interessi, li hanno fatti diventare più ricchi. E’ anche colpa nostra perché troppo spesso ci siamo accontentati delle briciole di questa ricchezza, senza renderci conto che quella miseria che ci elargivano veniva comunque tolta a qualcuno ancora più sfortunato di noi. Ormai siamo così deboli che non hanno neppure più bisogno di fingere, la crescita del sistema dei voucher racconta questa loro tracotanza, la consapevolezza che possono fare quello che vogliono, perché ormai ci hanno sconfitto, perché siamo troppo deboli per ribellarci. E forse hanno ragione.