PD. Trova e sostituisci: ‘bonus’ con ‘taglio alle tasse’. Fatto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 12 luglio 2017

Se chi fa politica consegna se stesso mani e piedi alla comunicazione, è normale che lo stesso dia conseguentemente la colpa delle proprie sconfitte alle parole, non ai contenuti. Se tutta l’azione politica si riduce a trovare la virgola giusta, il claim adeguato, la faccina più efficace, il piglio più immaginifico, la strategia mediale più cazzuta, è ovvio che poi si addebiti tutto a quella virgola, a quel piglio, a quella parola, non ad altro. Così fa Matteo Richetti, oggi sul Corsera, il nuovo capo della comunicazione renziana. Il quale accusa la parola ‘bonus’ di aver prodotto una cattiva impressione sulla politica (la chiama così) di “riduzione fiscale”. La gente, pensa lo stesso Richetti, avrà immaginato che il PD regali soldi alla cieca come se fossero prebende elettorali o bruscolini, e si sarà fatta una pessima immagine del partito. E invece trattavasi di ‘riduzione fiscale’, ossia si tagliavano tasse, si riduceva il carico fiscale.

Non era questa politica del ‘taglio’ indiscriminato a essere errata (‘indiscriminato’ nel senso che gli 80 euro andavano anche a chi possedeva patrimoni, anche a chi era coniuge di un nababbo), no, era la parola ‘bonus’, per Richetti, a dare un’idea sbagliata delle politiche del PD. Ciò perché (così interpreto) non lasciava capire il vero intento, quello di tagliare, sforbiciare, affettare, decurtare le tasse! Ergo, non cambia quella politica dei ‘bonus’, cambia solo il suo nome. Si dirà direttamente ‘taglio delle tasse’, e grazie a questa svolta nominalistica il PD potrà essere più competitivo a livello elettorale. Facile, no? Ma se questo è vero, anche la politica più generale del PD, che appare un po’ così e così, potremmo addebitarla alla parola, anzi a un preciso nome anagrafico. Quale? Ma ‘Matteo’ diamine! Lì si chiamano tutti Matteo. La proposta potrebbe essere la seguente: Pasquale Renzi, Gualtierino Orfini, Kevin Richetti, Carcarlo Ricci. Un cambio di nome (una volta si faceva ai partiti, oggi alle persone) magari alla Leopolda, oppure in un grande evento-happening direttamente all’anagrafe, tutti in fila col numeretto in mano e tutti discepoli di Quelo, devoti al culto della parola. In fondo, la risposta che cercano è dentro di loro. E però, è sbagliata.

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