Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’entropia del PD, dove tutte le acque sono grigie
Oggi sul manifesto Andrea Carugati intervista Federica Mazzoni, segretaria del PD di Bologna. Lei dice che vuole un partito dichiaratamente di sinistra e che, nel “congresso profondo” che auspica, andrebbe “ritrovata la nostra ragione sociale”, quella di “rappresentare le persone che hanno avuto meno diritti e meno protezione”. Per questo niente “misure spot”, ma un “orizzonte di cambiamento anche collettivo”. Non basta, dice, “essere abituati a governare”. Carugati a questo punto scatta con un’osservazione che sarebbe stata anche la mia: “Forse lei ha sbagliato partito”. La Mazzoni lo nega decisamente, ma l’impressione resta fortissima. L’impressione di un errore di fondo, originario.
Il PD nacque ufficialmente come il tentativo di unificare le culture politiche progressiste della sinistra e del popolarismo cattolico. Sbagliato, perché non si fa politica unificando “culture” in astratto, ma mettendo a punto una proposta politica all’altezza della fase storica. Di lì a poco, difatti, tutto si ridusse a una strana entropia di ceto politico, dedito all’occupazione delle istituzioni e, soprattutto, del governo, senza nemmeno più una formula politica di riferimento, ma alla rinfusa, alla come viene viene, senza provare disgusto più per alcunché. E così le culture politiche originarie non si fusero, anzi furono semplicemente dimenticate. Quel che si fuse competitivamente fu solo il ceto politico, dimentico persino della propria cultura di provenienza. Non ho usato la parola “entropia” a caso, a un certo punto le varie “anime” del PD sono diventate una cosa sola, ma solo dal punto di vista delle sorti individuali dei singoli dirigenti. Quel che contava era sfangare la legislatura e prepararsi alla successiva (idem negli enti locali).
Se questo è vero, che senso ha parlare di una destra e di una sinistra interna? Boh, non lo so nemmeno io. Quando acqua calda e acqua fredda si mischiano, tutto diventa tiepido, e non si torna più indietro al caldo e al freddo separati, se non a prezzo di quantità di energia pazzesca, di cui allo stato attuale non disponiamo. Certo, ci sono stati pezzi di partito che non sono mai entrati nel clima entropico generale e se ne sono sottratti, restando in qualche modo distinti. Penso a Bersani, alla sua segreteria, che rappresenta un unicum positivo nella storia del PD. In generale, tuttavia, il partito democratico appare come un fiume limaccioso che scorre con acque uniformi e un po’ grigie, nonostante alla fonte le acque avessero comunque, prima della fusione entropica, varie colorazioni. Acqua passata, appunto.
Ma se destra e sinistra non ci sono, se non nominalmente, di cosa si discute? Me lo chiedo anch’io. Quello che vedo, invece di un impossibile congresso “profondo”, sono i soliti giochi interni al ceto politico. La speranza della Mazzoni credo che resti una illusione. A meno che non si avvii una demolizione vera, pezzo a pezzo, allora sì che si potrebbe pensare a una novità effettiva e ragguardevole. Sino a quel momento avremo solo una strana danza delle ore della classe politica, che tenta di conquistare posizioni interne per rimanere a galla nel fiume grigio di cui si diceva.
D’altronde se non fosse così, a voi non pare incredibile che le candidature alla segreteria siano praticamente scattate ancor prima del voto, tipo quella di Bonaccini, o subito dopo, a poche ore di distanza dalla sconfitta? Possibile che fino a un attimo prima “o con noi o contro di noi” e un attimo dopo lo spaesamento completo? Non pare anche a voi che se gratti il ceto politico piddino, inquieto e pronto a battersi leoninamente per uno strapuntino, sotto sotto non resti nulla, ma proprio nulla? Se non l’idea che vi sia uno zoccolo duro pronto a votare sempre l’invotabile, in nome di non si sa più quale lealtà? E verso cosa poi?