Se il nuovo governo PD-M5S crede di annullare Salvini con una congiura di palazzo, commette un errore che sarà fatale. Il vero punto di svolta che marcherebbe realmente la discontinuità tanto invocata da tutti è una vera lotta senza quartiere contro le mafie e un forte investimento non solo economico che incida massicciamente sul grado di cultura e senso civico degli italiani.
Le statistiche recenti ci dicono che l’Italia è il Paese più ignorante d’Europa. Allora perché non ispirarsi agli insegnamenti di Antonio Gramsci: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”. Questa semplicissima frase traccia la strada maestra del ruolo sociale della scuola e dell’impegno futuro del Governo legato al mondo della cultura. Mi piace e non poco il nuovo ministro dell’istruzione Fioramonti che puntualizza: “O si trovano i soldi per la scuola o a dicembre mi dimetto”.
Nel nuovo programma, tuttavia, non ho letto una parola sui teatri, sul cinema, sui festival, sul mondo delle associazioni culturali che stanno da sole in trincea lontano dai riflettori a difendere editoria, fotografia, scultura, musica. Si vuole informatizzare tutto (che è una cosa giusta intendiamoci) ma non ci si sofferma a pensare che siamo un Paese dove l’analfabetismo funzionale è alle stelle. Davvero crediamo che, senza una seria riforma della scuola di ogni livello e grado e senza che il merito e le competenze primeggino, il livello culturale del nostro popolo potrà cambiare? Salvini tornerà più forte che mai, e se non fosse lui ci saranno altri peggiori di lui soprattutto se continuiamo a consentire che i nostri giovani più promettenti fuggano all’estero mentre qui resti la parte più ignorante e rassegnata del Paese.
Nel nuovo programma a quanto è dato leggere restano non affrontati problemi essenziali che riguardano i rapporti mafia-politica che si sono determinati nello scenario politico-istituzionale italiano. Le mafie oggi concorrono alla produzione della politica agendo all’interno della cd. società civile in vari modi: uso politico della violenza, formazione delle rappresentanze nelle istituzioni politiche ed economiche, controllo sull’attività politico-amministrativa. Il ruolo delle mafie nelle campagne elettorali, il controllo del voto, la partecipazione diretta di membri delle organizzazioni mafiose o di soggetti a essa legati alle competizioni elettorali e alle assemblee elettive, sono tutti problemi che non sembrano – almeno sulla carta – siano stati affrontati. Le mafie sono dentro e con lo Stato in piena simbiosi d’intenti soprattutto quando quest’ultimo rinuncia al monopolio della repressione, legittimando l’azione mafiosa attraverso l’impunità, tutte le volte in cui alla mafia sono concessi pezzi di territorio dello Stato senza minimamente opporsi.
Nel nuovo programma il tema è trattato in maniera decisamente superficiale e soltanto pochissime righe sono dedicate alla questione. Si tratta di un silenzio, una rimozione, che, colpevole o meno, deve preoccupare e non poco: perché se la criminalità è organizzata e transnazionale, deve essere organizzata e transnazionale anche la politica antimafia. Sempre che voglia davvero opporsi alle nuove mafie che stanno conquistando spazi sempre più ampi. Personalmente mi concentrerei su questi due obiettivi con un disegno complessivo coerente e a questo punto credo che gli spazi per porre dei veti dovrebbero sparire. In caso contrario il fallimento è certo!
(Vincenzo Musacchio, giurista)