La parte per il tutto: la sineddoche Renzi
di Alfredo Morganti – 21 ottobre 2015
Galli della Loggia non è il mio opinionista preferito. Ma oggi solleva un tema molto rilevante: c’è un contrasto ontologico, radicale, dice, tra la personalità di Renzi (la sua cultura politica) e l’idea di partito. Vero, è così. Come scrive sempre Della Loggia, “Renzi non è fatto per la politica di partito. È fatto per governare”: Volgarizzando: Renzi punta diritto al trono, e tutto il resto lo detesta (partiti, istituzioni, sindacati, ecc.). Queste due frasi sono la più sintetica monografia possibile dell’uomo a cui gli italiani, dei quali si dice esser più furbi che intelligenti, hanno affidato non un cortile condominiale, ma il loro Paese. È così. Renzi non ama il conflitto in campo aperto, tra gli schieramenti, non ama ‘parteggiare’. È uno a cui la massima di Gramsci calzerebbe a pennello: ‘odio gli indifferenti’. Il premier, difatti, è un indifferente, ama la tecnica (la comunicazione ad esempio, ma anche le tecnologie e i dispositivi) e pende dalla sua essenza ideologica profonda: non più amici-nemici, non più conflitto, né più schieramenti o grande politica. Costano troppo, mi disturbano, infastidiscono le mie decisioni, incrinano i ‘sì’. E perciò basta partiti, che sono del conflitto l’essenza ontologica, appunto, per il loro costitutivo ed etimologico esser ‘parte’. Renzi fa il segretario del PD solo perché era una passerella tesa verso Palazzo Chigi, senza passare per il ‘via’.
Lui è davvero il Presidente di tutti gli italiani (con la sola esclusione della sinistra che si oppone ‘a prescindere’ e delle ‘bestie’, uso il suo frasario). Perché non cerca la differenza, non esalta le diversità e i conflitti, anzi tende ad acquietarli, e disdegna chi fa ‘opposizione’. Le critiche sono fumo per gli occhi. Chi dice ‘no’ è una specie di disfattista. La politica diventa uno schifo se produce contrapposizioni ‘partitiche’, polemiche, risse, che non fanno il bene dell’Italia. È bella politica se esalta il suo (di Renzi) primato. Lui della torta non ama le fette, la vuole tutta, consegnando solo briciole, talune almeno, agli oppositori interni ed esterni se volessero favorire. Il suo luogo geometrico è il ‘centro’, uno spazio indefinito, un buco nero, una melassa in cui tutti possono attingere e lui più di tutti. Lui vuole solo l’identificazione. La mia legge di stabilità è la stessa di Berlusconi, ha detto. Io sono Berlusconi, avrebbe potuto dire meglio. Ditemi ‘sì’, ci chiede sempre più spesso, siate ottimisti, guardate con fiducia al futuro (che non esiste) e distogliete le vostre critiche dal presente (che esiste, invece). E chissenefrega del passato. Conta solo l’Expo, e il Comune di Roma se riuscissi a trasformarlo nell’Expo del Giubileo. Perché io odio le critiche e amo gli indifferenti, soprattutto quelli indifferenti al casino che sto combinando, agli annunci sbagliati, alle leggi di destra che sto facendo approvare. Il Partito della Nazione non sarà un ‘Partito’, e nemmeno ‘della’ e forse neanche ‘Nazione’. Sarà io, io e basta. Il massimo della semplificazione politica. Altro che Luigi XIV. Farò di Firenze una Signoria. Farò. Oh.