di Alfredo Morganti – 23 ottobre 2015
Si fa presto a dire maggioranza. In un partito storico, strutturato, di massa le cose erano relativamente semplici. La maggioranza nazionale era anche il frutto omogeneo di tante maggioranze locali. Non mancavano conflitti, certo, e contraddizioni, ma erano ‘tradotti’ all’interno di un principio d’ordine, per il quale, grosso modo, chi governava a Botteghe Oscure (è il caso del PCI) deteneva anche la guida nella maggioranza delle varie federazioni sparse per il Paese. Così che la scelta dei candidati era affidata a un complesso meccanismo che vedeva protagonista anche (se non soprattutto) la segreteria nazionale, a partire dalle vivacissime trattative che precedevano la formazione delle liste. E comunque la classe dirigente non nasceva da un cilindro, né sbucava dall’uovo di Pasqua, oppure da una Prefettura e dall’Expo: era il frutto di una selezione effettuata all’interno del corpo vivo della società entro la quale il partito era ramificato anche nei suoi momenti di crisi più acuta.
Oggi non è così. Avete voluto il partito liquido, gassoso, impalpabile? Mo pedalate. Il PD è oggi un vertice nazionale asserragliato al Nazareno, che controlla ampiamente la direzione, a malapena i gruppi parlamentari, quasi per nulla i territori. A livello locale è il caos, ognuno fa quel che crede in base agli interessi lì dislocati. Così a Roma. La situazione è la seguente: un segretario nazionale che parla molto, più centinaia di signorotti locali che invece ‘operano’ indisturbati a casa loro. Il risultato è l’elezione al vertice sommo del cacicco più forte e più spregiudicato. La prova? Quanti sindaci ‘renziani’ ci sono in Italia? Zero o quasi, a parte Nardella, che agisce proprio nel feudo fiorentino da cui proviene il cacicco Renzi, assunto in gloria grazie agli aiuti del sottocacicco Verdini (o viceversa?). Perché Renzi ricorre ai Prefetti? Perché non ha propri candidati a livello locale che siano davvero all’altezza (e anche perché gioca ‘tecnicamente’ l’amministrazione e il governo contro i partiti: d’altronde il PD lo ha sfasciato lui). Un partito di cacicchi come nel medioevo, insomma, quando l’Impero (o quel che ne restava) e le varie entità politiche erano nelle mani di signorotti locali che si battevano per conquistare (a spadate e a forza di reciproci favori) la corona. Ma signorotti-cacicchi restavano, nonostante il trono e lo scettro in mano. Non è l’abito che fa il re. Tant’è vero che oggi il presunto re è sempre più nudo.